giovedì 25 settembre 2014

La Via della Compassione Creativa: l’Energia che attiva la Giustizia Sociale. Matthew Fox: "Riscopriamo le Opere di Misericordia Ebraiche e la Simpatia di Scheler: una Spiritualità Adulta, Appassionata, Olistica e Dialettica per una Coscienza Ecologica Globale"



di LELE JANDON

I problemi di oggi, come l’inquinamento dell’aria che respiriamo (a Milano quasi quotidianamente pessima), il buco dell’ozono che ci rende così vulnerabili ai tumori della pelle, la disoccupazione giovanile al 40% in Italia, l’iperlavoro alienante e non creativo, le discriminazioni contro le persone omosessuali e le discriminazioni lavorative contro le donne (nel Global Gender Gap Report 2013 l’Italia è 71esima), la cultura della droga, sono causati da una mancanza di compassione. 
Se vogliamo salvare il pianeta, e la sopravvivenza stessa della nostra specie, e riconciliarci con noi stessi e il nostro prossimo, dobbiamo riscoprire la compassione.  
Sopra e sotto: "Le sette opere di misericordia" del pittore fiammingo
David Teniers il Giovane (Anversa 1610 - Bruxelles 1690)
Se vogliamo diventare uomini completi e fare esperienza di quell'energia morale che è la compassione creativa, anziché sviluppati solo nel lobo cerebrale sinistro, dobbiamo riscoprire la spiritualità dei libri della Bibbia ebraica che “sono dei tesori inesplorati, colmi di verità sul lato trascurato del cervello”, quello della Creatività e dell’intuizione morale (pag. 117).
Se consultiamo le enciclopedie ebraiche e quelle cristiane, notiamo che quelle giudaiche (es. le voci del rabbino Harry A. Cohen in “A Basic Jewish Encyclopedia”, di Raphael Posner nell’Encyclopedia Judaica e di R.J. Zwiwerblowsky in The Encyclopedia of Jewish Religion) dedicano molto spazio alla voce “compassione” tanto che “qualsiasi studio sulla compassione in Occidente dipende moltissimo dalla spiritualità ebraica” (pagg. 46 – 47):
 “Gli Ebrei, infatti, non han mai costruito un impero, ma sono stati sempre aggrediti dai costruttori d’imperi. La loro Tradizione non ha perso il contatto con la via chiama “compassione”, che, lungi dall’appartenere ad una religione, è al centro della spiritualità biblica” ed è spesso un verbo di movimento. 
"Le Sette opere di misericordia" del pittore olandese detto Maestro di Alkmaar (Rijksmuseum di Amsterdam). 
"The Good Samaritan" ("Il Buon Samaritano"), opera dell'americano
contemporaneo Jared Small (collezione privata di Dina e Brad Martin)
 In primis, la compassione è data dalle azioni delle 14 opere di misericordia contenute nella Bibbia degli Ebrei (tutte ricordate dall’ebreo Gesù): sfamare, vestire, offrire riparo, liberare, dare da bere, visitare, seppellire, istruire, consigliare, ammonire, sopportare, perdonare, confortare, pregare. E’ questa, in estrema sintesi, la tesi di fondo di Compassione(Claudiana, Torino 2014), il nuovo libro di Matthew Fox, che c’invita appassionatamente a “re-immaginare in quale maniera queste opere di misericordia possono prendere corpo nella nostra cultura” con la forza della Creatività in “un’ottica di autentico dialogo fra scienza e spiritualità”.
"Il Buon Samaritano", del pittore inglese William Hogarth (1697 - 1764),
si trova al  St Bartholomew Hospital di Londra. 

Il reverendo Fox ci propone un'analisi profetica dell'alienazione occidentale, e con rigore filologico ci lancia la sfida di recuperare le nostre radici ebraiche per fare un salto nella nostra evoluzione come persone e come specie, nell'economia e nella politica. 


Il grande attivista americano parte sempre dai risultati della scienza psicologica per arrivare alla teologia: come aveva attinto agli studi dello psicologo Otto Rank (Art and Artist. Creative Urge and Personality Development, del 1907) per il suo libro “Creatività” (http://lelejandon.blogspot.it/2013/12/il-segreto-della-felicita-e-la.html, http://lelejandon.blogspot.it/2013/10/gay-power-is-creativity-also-when-you.html) così ora si ricollega agli studi dello psicologo William Eckhardt che ha scritto un libro sul medesimo tema (“Compassion: Toward a Science of Value”, Toronto 1973), suddividendo gli autori della storia della filosofia fra compassionevoli ed egoistici: i primi hanno una fiducia nella natura umana e credono sia capace di scegliere fra il bene e il male (p. viii). 
Ricorderete quando vi ho citato (http://lelejandon.blogspot.it/2013/06/la-gioia-la-speranza-le-campane-festa.html), a commento di un esempio di mancanza di compassione, questa frase dello psichiatra (non a caso ebreo) Minkowski (1885 - 1972): 
"Il Buon Samaritano" del pittore inglese Joseph Highmore
(1692 - 1780)

"La simpatia è quel dono meraviglioso che portiamo in noi di far nostre le gioie dei nostri simili, di farcene penetrare interamente, di sentirci in perfetta comunione, di essere un tutt'uno con essi (...) è quanto c'è in noi di più naturale, di più "umano"  (...) la base stessa della vita sentimentale." 


Ecco, Matthew Fox intende proprio così la “Compassione” in questo nuovo volume da poco uscito in libreria (con la traduzione di Gianluigi Gugliermetto e basato in parte su “A Spirituality Named Compassion. Uniting Mystical Awareness with Social Justice”, 1979 - 1990) 
E quest’appello per una “spiritualità appassionata”, una “spiritualità da adulti” (pag. 36), per una “compassione creativa”, è lanciato sì in nome di Dio, ma anzitutto in nome della sopravvivenza del pianeta e della nostra specie, visto l’ecocidio in atto (inquinamento dei mari e delle terre): e noi sappiamo già che la coscienza ecologica globale (a cui ci richiama ogni ferragosto sul Corriere il politologo Giovanni Sartori) è una vera e propria forma d’intelligenza, l’intelligenza sistemica, individuata dallo psicologo e divulgatore americano Daniel Goleman (http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/allenare-lattenzione-muscolo-della.html).
"Il Buon Samaritano" del pittore vittoriano
Georg Fredric (o Frederick) Watts (1817 - 1904)

Il guaio è che, complice la dottrina verticistica del Vaticano, il cristianesimo occidentale ha separato anche giustizia e compassione e siamo di fronte troppo spesso ad una “religione senz’anima” (da quest’oblio la novità del libro L’anima e il suo destino, del teologo laico Vito Mancuso, il quale ha pubblicato in Italia per Fazi le prime opere di Padre Fox: In principio era la gioia e Creatività).
Risultato?  La passività verso le ingiustizie sociali, il sentimentalismo, che è compassione senza opere di giustizia, e una religione non più credibile.  Invece la Bibbia ebraica indica non solo la compassione come essenza di Dio ma la indica con un verbo di movimento (pag. 22): la compassione è per uomini d’azione.  Per Eckhardt la giustizia compassionevole è “quel movimento verso l’eguaglianza che parte dall’idea che gli esseri umani sono tutti egualmente umani”, incluse le persone omosessuali (pag. 27 di Fox).
La Torah esorta così spesso ad essere giusti che nel giudaismo un “ateo” è chi sostiene che non c’è giustizia in questo mondo (e non chi nega l’esistenza di Dio o non crede nella giustizia!).
In ebraico compassione deriva (come in arabo) dalla parola che significa “utero”: essa reca con sé l’energia dell’essere madri, coerentemente col nostro essere mammiferi (i quali solo fra gli animali hanno l’utero). Mentre il cervello rettiliano ha 429 milioni di anni, quello mammifero ne ha la metà: dobbiamo far evolvere questa componente del nostro cervello più recente perché questa è capace di compassione creativa.

Cosa non è la Compassione: buonismo, paternalismo,
antintellettualismo, "altruismo", commiserazione
(tutti dualistici e diabolici: così gli altri sono deboli, 
inferiori e distanti)
"Il Buon Samaritano" del pittore tedesco Johann Carl Loth
(Monaco 1632 - Venezia 1698), detto "il Carlotto.
Fu attivo soprattutto in Italia. 

Che cos’è “la vera compassione”?
Diciamo anzitutto cosa non è: non è buonismo (che fa favori a chi non se li merita perché è un profittatore antisociale), non è pietismo (“non è la pietà nel senso in cui la nostra cultura intende il termine pietà”), non é personalismo esistenzialista, non è il paternalismo o il sentimentalismo (che ne sono tutte degenerazioni) dietro cui si celano il patriarcato, la violenza e la distanza e (nel caso del sentimentalismo, che Fox chiama “lo sposo adultero della violenza” dal cui connubio nasce l’invidia maligna) l’antintellettualismo (che è pigrizia mentale, come dice Anne Douglas) e non è nemmeno l’identificazione (e l’infatuazione) dello studentello per il proprio insegnante. Non è la “pietà del piedistallo” per chi ci ha preceduto (pag. 64): così facendo si fa di coloro i quali si pretende di onorare delle astrazioni irraggiungibili, semmai siamo noi a doverci mettere sulle spalle dei grandi per partire dal punto ove sono arrivati. Non è la commiserazione né l'autocommiserazione od autocompassione (self - pity) cioé il vittimismo (cfr. https://innerself.com/content/spirituality/general-spirituality/5029-altruism-vs-compassion-by-matthew-fox.html). 
L'ingresso del Pronto Soccorso dell'Ospedale San Raffaele di Milano
presenta un quadro sul tema del Buon Samaritano (foto di Lele Jandon). 

La compassione non è nemmeno un “temperare un giudizio” (pag. 66) che in lingua italiana chiamiamo “buonismo”, bensì è recare giustizia.
Non è solipsismo e personalismo psicologico (“anche se vende bene”), non sono i miei sentimenti privati, non è qualcosa di sdolcinato. Non è nemmeno l’undicesimo comandamento.  Quella pietà è (per come abbiamo finito per intenderla) una condiscendenza, una distanza, che talvolta considera il suo oggetto come debole od inferiore (pag. 16). E non è nemmeno “altruismo” (come s’intende nell’uso comune: amore dell’altro a spese di sé stessi) perché amo gli altri nel mio stesso interesse perché mi fa piacere essere coinvolto nell’alleviare il dolore degli altri (pag. 56), tantopiù che oggi è in giuoco la sopravvivenza della nostra specie.

La Compassione è Condividere Gioie e Dolori, 
trattando il mio Fratello con Equanimità
"Dio è immanente nel nostro Prossimo"
IL FILM SUGGERITO DA LELE JANDON. "The Help", fedele trasposizione
del romanzo bestseller di Kathryn Stocket, col Premio Oscar Octavia Spencer
e con Viola Davis, è un bellissimo film che ha proprio per tema, direi,
la compassione come impegno per la giustizia sociale. Per Meister Echkart,
"si devono amare gli altri come noi stessi, stimandoli e trattandoli con assoluta
equanimità". "The Help" é la storia di un'aspirante giornalista (Emma Stone)
che ha l'idea di raccogliere in segreto le testimonianze delle tate afroamericane
e delle ingiustizie quotidiane che esse subiscono nelle case ove
fanno le veci delle madri (spesso troppo impegnate coi party). 

La vera compassione è amare noi stessi mentre amiamo gli altri, è una maniera di vivere, una spiritualità (pag. 52): è una compartecipazione che nasce dalla consapevolezza di condividere la fragilità e al suo centro c’è l’unione cogli altri, la parentela col nostro prossimo (pag. 18) ed è questa autentica compassione la trascendenza. Per Meister Eckhart (“il vero teologo della compassione”), “si devono amare gli altri come noi stessi, stimandoli e trattandoli con assoluta equanimità. Ciò che accade a un altro, sia una gioia sia un dolore, accade a me” (pag. 118).
“Anche se include l’etica, come deve fare ogni spiritualità autentica, essa sboccia e fiorisce in qualcosa di più grande dell’etica, in una celebrazione festosa della vita, e, quando è possibile, del sollievo del dolore degli altri. (…) La compassione sono gli esseri umani che diventano divini, recuperando la loro origine divina come “immagine e rassomiglianza di Dio” (pagg. 52 – 53). Nelle parola di Dresner: l’amore dell’uomo per gli uomini, che è l’amore di Dio per tutti gli uomini” (pag. 53). L’ebreo Gesù riassume così “la legge e i Profeti”: amore di Dio e amore del prossimo (Matteo 22, 37- 40). Sicché, riassume il teologo e pastore protestante giapponese Kazoh Kitamori (1916 – 1998), “Dio è immanente nel nostro prossimo” (“Quanto avete fatto ad uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me”, dice Gesù, Matteo 25, 40).
Quando Gesù invita ad essere “perfetti”  (Matteo 5, 48) non intende uno stato statico di perfettini, bensì intende dire persone autentiche cioè compassionevoli (pagg. 54 – 55, cfr. il messaggio del libro di Vito Mancuso, La vita autentica, Raffaello Cortina editore, Milano 2009).
Quando trionfa la compassione, la moralità diviene una spiritualità (pag. 55).


La Compassione crea Azione:
Trattare il Prossimo come Fratello: eguale
Fare Festa, Aiutare, Amare gli Animali
La Bibbia è ricca d’immagini di festosità


La vera compassione è fraterna, non è né paterna né patriarcale e nemmeno parentale” (né genitoriale e meno che mai familista): non è l’autocompiacimento di quella risma di genitori che mostrano di preoccuparsi tanti dei loro cocchi di mamma (come denunziava Kazoh Kitamori).
La maniera più certa per discernere se si ha pietà o compassione di una persona è la domanda – chiave: “Sono capace di fare festa insieme a lei?” (Che cosa significa fare festa? Significa dimenticare i problemi per ricordarsi dell’unione cogli altri ed immaginare maniere nuove e creative di recare sollievo al nostro prossimo). E gl’italiani, sanno festeggiare? Direi di no. Vi faccio un esempio: durante il mio soggiorno a Budapest (città splendida e piena di vitalità) mi ha colpito vedere al Parco la sera un gruppo di giovani cantare seduti in cerchio accanto ad un ragazzo con la chitarra: a Milano, al Parco Sempione o ai Giardini di Porta Venezia, non mi era mai capitato.

In Italia, come ci raccontano i nostri genitori o i nostri nonni e come sa chi ha almeno quarant’anni, si usava cantare insieme (Battisti per esempio) riuniti intorno ad un falò sulla spiaggia o in un picnic in un bosco.
LA GIOIA di CANTARE INSIEME. 
Invece si vede la gioventù di oggi spesso intenta in un chiacchiericcio in piedi (che non si capisce cos’abbia così tanto da dirsi), oppure si vedono i ragazzi isolati (dal parco alla palestra) nel loro ascolto con le cuffiette, anziché aperti agli altri, come dire: “Non rompetemi, sto ascoltando la mia musica, lasciatemi in pace”. Considerato anche il dato che ormai sempre più giovani rifiutano l’idea di andare in chiesa anche la domenica, oggigiorno non si fa più esperienza del mettersi a cantare insieme spontaneamente. E questa è una triste perdita per la nostra cultura individualistica contemporanea. Padre Matthew Fox dice chiaramente che “Un Paese che non sa fare Festa non può provare compassione”, che è quella capacità di sentirsi in sintonia cogli altri (non a caso, termine musicale), e condividere anche le gioie con gli altri. 
EMOZIONI AFFRATELLANTI. Cantare assieme
crea emozioni affratellanti: lo spirito di compassione
è, per l'appunto, fraterno. 
Ebbene, il cantare insieme è una di queste gioie e crea emozioni affratellanti e permette di creare quello che Fox chiama “il cerchio di Sarah”. Assieme abbiamo cantato al seminario spirituale con Ospite in esclusiva Padre Fox al monastero del Bene Comune a Sezano, infatti. 
In Italia purtroppo, il canto in coro è limitato ai professionisti (ai solisti, alle bands), ai musical a Teatro, alle scuole di musica o ai cori para-professionali. 
Il bisogno spirituale di cantare in gruppo è sentito, tantoché nel nostro Paese abbiamo ben 2700 cori ove cantano 300 mila persone (anche professionisti che nella vita fan tutt’altro: medici o manager d’azienda). In Europa e in America, nelle chiese gay friendly, esistono anche i cori gay, per esempio, che danno davvero il senso della Comunità. L’auspicio, allora, è che ogni gruppo recuperi quest’attività al fine di creare un’atmosfera amichevole, giocosa e gioiosa. Lo scopo della vita, dice Padre Fox, è la gioia.
Secondo, come suggerisce il filosofo tedesco Scheler (1874 – 1928) nel suo libro “Essenze e forme della simpatia”, “un segno distintivo della genuinità della compassione è il fatto che essa porti all’atto dell’aiuto”.
Terzo, dice sempre il filosofo di Monaco, la vera compassione si distingue perché c’è rispetto per gli animali (e la violenza contro gli animali è predittiva della violenza contro gli umani).
Quarto, la compassione risiede nello studio dei problemi del mondo: è con lo studio come disciplina spirituale che s’intende l’interrelazionalità delle cose (il logos), e ciò richiede sforzo e fatica.
CONDIVIDERE IL DOLORE. "Requiem", dipinto dell'artista Steve Walker.
Confortare chi è in lutto è una delle opere di misericordia spirituale
della Bibbia ebraica. 

La compassione, infine, ha una dimensione pubblica: l’economista e filosofo tedesco Ernst Freidrich Schumacher (1911 – 1977) ci dice (nel suo famoso libro “Piccolo è bello”, Mursia, Città di Castello 2011) che la compassione è un’energia che va diretta “nell’àmbito delle decisioni etiche collettive” (pag. 34 di Fox).
Fox c’invita a (ri) scoprire, a partire dalla spiritualità autenticamente biblica (e dunque autenticamente vicina all’Ebreo Gesù di Nazaret), una forma evoluta di compassione, una forma completa e umana, non dualistica. 
CONDIVIDERE LA GIOIA, FARE FESTA: il dipinto "Danza di nozze 
all'aria aperta"  (1566) del pittore fiammingo Bruegel il Vecchio
(1525 - 1569) si trova al Detroit Institute of Arts (Michigan, Stati Uniti).
Detroit (4 milioni di persone), è la più grande città
dello Stato americano la cui Capitale è Lansing (100 mila abitanti). 


La compassione é la capacità di condividere attivamente e non passivamente sia le gioie (e fare festa, come dice anche il filosofo Max Scheler) sia i dolori  degli altri (ed aiutarli attivamente).
Scheler cita un proverbio del suo Paese, la Germania: “Il dolore si fa metà se si divide, ma la gioia se si divide si raddoppia”. La Bibbia ebraica è pèiena d’immagini di Festa con balli e vino: “La nostra ri-creazione, il nostro divertimento, diventano la ri-creazione del mondo” (pag. 120).
Scheler critica Nietzsche (1844 – 1900) che nel demolire la ‘compassione’ ove “anche il dolore diventa contagioso” e produce una “perdita dell’energia vitale”, ha fatto confusione: ha confuso la compassione col contagio emotivo. Se la sua critica è riferita al sentimentalismo in cui si è ridotto il Cattolicesimo, allora sì, Nietzsche ha ragione.

In ebraico compassione di dice “hesed” (atti d’amore, atti di carità) e in greco antico éleos (vorrei ricordare Aristotele che dice nella “Poetica” che la tragedia greca produce phobos ed eleos, pietà e terrore per “fatti che possono capitare”) e nella Bibbia ebraica compare spesso in coppia con la parola “giustizia” (sedaqah) e diritto (mispal). Il verbo eléeo è l’implorazione dei parenti degli ammalati all’ebreo Gesù (Matteo 9, 27; 15, 22; 17, 15; 18, 33; 20, 30 - 34; Marco 9, 22; 10, 47; Luca 17, 13; 18, 38); quando si descrive la compassione di Gesù (Matteo 9, 36; 13, 14; 15, 32; 18, 27; 20, 34; Marco 1, 40 e 6, 34; Luca 7, 13; 10, 33 e 15, 20) si dice spalanchnizomai(letteralmente, “essere commosso nelle viscere”: “La verità viene dalla pancia, dalle viscere, e non soltanto dalla testa”, dice Fox a pag.130, e qui concorda con l’intuizionismo psicologico che valorizza le nostre intuizioni innate: la compassione è un istinto, fa parte del nostro innato senso morale come i cinque sensi come già intuì il grande filosofo liberale Adam Smith http://lelejandon.blogspot.it/2014/08/le-intuizioni-morali-innate-come-i.html). “E’ evidente che Gesù era una persona molto compassionevole e che le persone si avvicinavano a lui proprio per questo motivo, perché cercavano compassione” (pag. 50).



La Vera Compassione è Eguaglianza e Rispetto

Non è pietismo o paternalismo: King è in linea

col pensiero di Padre Matthew Fox

“Non far qualcosa per gli africani, ma CON loro”



Anche Martin Luther King (del quale parlerò in un prossimo articolo) considerava la compassione nella stessa maniera di Padre Fox ed anche lui cita proprio la Parabola del Buon Samaritano come massimo esempio. Vi cito dalla mia raccolta di suoi sermoni "La forza di amare", collana "La Scala di Giacobbe", fondata da Aristide Vesco, edizione italiana a cura di Padre Ernesto Balducci, SEI, Torino 1968, prima ediz. 1967, titolo originale americano "Strength to Love", Harper & Row 1963): “La simpatia nasce dalla premura per un particolare essere umano bisognoso che giace all’angolo della strada della vita” (pagg. 52 – 53). “Il vero amor di prossimo esige interessamento personale” (pag. 53). “I nostri sforzi missionari falliscono quando sono fondati sulla pietà, piuttosto che sulla vera compassione.” Anziché un’elemosina calata dall’alto della commiserazione, Padre King invita a far partecipare chi ha bisogno: “Invece di cercare di fare qualcosa con le popolazioni africane e asiatiche, troppo spesso noi abbiamo cercato soltanto di fare qualcosa per loro. Una manifestazione di pietà priva di genuina simpatia porta ad una nuova forma di paternalismo, che nessuna persona che si rispetti può accettare”.


Riscopriamo le Opere di Misericordia della Bibbia Ebraica: 
la Compassione crea Atti d’amore fraterno, è Verbo di Movimento verso la Giustizia e l'Eguaglianza 
 
"Le opere di misericordia", dipinto di Pieter Brueghel il Giovane
(Bruxelles 1564 - Anversa 1638). 
Dicevamo: “La compassione produce operosità” (pag. 23).
“Nella spiritualità biblica le opere di misericordia sono, appunto, opere” (pag. 22).

Eccone l’elencazione delle opere di misericordia corporale:

Dividere il pane con chi ha fame (Isaia 58, cfr. Matteo 15, 32, 35 – 36).

Coprire chi è ignudo (Isaia 58)

Dare riparo ai senzatetto (ivi)

Liberare gli oppressi (ibidem)

Pregare per i vivi e i morti è una delle opere di misericordia spirituale
della Bibbia ebraica (cfr. il capitolo 45 del libro di Geremia).
E "Preghiera" è il titolo del nuovo libro di Padre
Matthew Fox in uscita in Italia. 

Dare da bere agli assetati (come Rebecca fece con Isacco): Genesi 24, 18

Fare visita agli ammalati (come Acazia fece con Ioram ferito di guerra): II Re, 8, 29.

Seppellire i morti (come gli abitanti di Iabes di Galaad fecero con Saul): I libro di Samuele 31, 11 e seguenti.

Le opere di misericordia spirituale sono le seguenti:

Istruire gl’ignoranti (come fece Giosafat con le città di Giuda): II Cronache 17, 7.

Consigliare i dubbiosi (come fece Sennacherib quando inviò messi al re Ezechia, che non era saldo nell’aderire alla legge di YHWH): Isaia 37, 6, 10

Ammonire i peccatori (come osò fare Samuele con Saul): I libro di Samuele 16, 16 e seguenti.

Sopportare con pazienza gli oltraggi (come fece Davide quando fu maledetto da Simei figlio di Ghera): II libro di Samuele (16, 5 – 14).

Perdonare le offese di buon grado (come fece Giuseppe nel rivelare la sua vera identità ai suoi fratelli, che avevan tentato di ucciderlo): Genesi 45, 1 – 5.

Confortare gli afflitti e quelli che sono in lutto (come fece Geremia con Baruch): Geremia 45

Pregare per i vivi e per i morti (come fece Abramo per gli abitanti di Sodoma che avevano violato le leggi dell’ospitalità): Genesi 18, 22 – 33.

L’Ebreo Gesù insegna la Compassione Ebraica
Attraeva perché era compassionevole: “Dio soffre”
Ecco tutti i Passi che confutano Agostino
(e dan ragione a Meister Eckhart e Tommaso:
Domenicani come Padre Matthew Fox)
La Bibbia dice “Via”, non “Religione”

COMPASSIONEVOLE.  "Gesù era una persona molto
compassionevole e le persone s'avvicinavano a lui
proprio per questo motivo, perché cercavano compassione",
scrive Padre Matthew Fox nel suo libro. 

La Bibbia, dunque, c’invita all’azione. La compassione è attributo divino (Esodo 34, 6; Salmo 103, 11; Deuteronomio 30, 3 e 13, 17; Lamentazioni 3, 22 – 23; II libro dei Re 13, 23, II Cronache 36, 15). Dio è “Padre della Compassione”, che “equivale a dire che Dio soffre quando gli altri soffrono” (pag. 38), un tema molto presente nell’Ebraismo, poco nel Cristianesimo (ad esempio l’africano Agostino lo riduce ad allegoria: “Persino Dio s’adira secondo l’espressione delle Scritture, mentre in verità nessuna passione lo turba”, La Città di Dio, IX, 5, ed anche il Dio di Hegel è atarassico). Quando la compassione diventa la nostra spiritualità, Dio non soffre più (pag. 49).
Secondo un midras il Creato è stato originato dalla compassione divina verso le creature.
Gli Ebrei erano definiti “i compassionevoli figliuoli del Compassionevole”.
ATTIVISTA. Brigitte Bardot, ottant'anni
il 28 settembre, ha inviato il suo testamento
spirituale al Presidente della Repubblica francese:
chiede di vietare la crudele macellazione rituale
islamica e la macellazione del cavallo e dichiararlo
animale d'affezione e compagnia. 

Dice il Profeta Osea: “Io desidero compassione” (6, 6).  Nella Bibbia si chiama “odio” la “semplice mancanza di compassione” (notano Butlmann e José Miranda).
Dice Maimonide: “I discendenti di Abramo, avendo ricevuto il dono della Torah, sono compassionevoli e misericordiosi verso tutti”. “Gl’insegnamenti di Gesù sulla compassione derivano in gran parte, se non interamente, dalla matrice della spiritualità ebraica in  cui egli nacque, crebbe e fu allevato” (pag. 49; con la piccola differenza che Dio è chiamato “Padre”). Addirittura, si può dire che l’Ebraismo non è nemmeno una “religione”, bensì un “modo di vivere compassionevole” (pag. 48), e i primi Cristiani seguaci di Gesù non parlavano di sé come di una religione, anzi il Cristianesimo è detto “la Via” (Atti degli Apostoli 9, 2; 18, 25; 19, 9; 22, 4).
L'impegno di attivista di Brigitte Bardot partì dal salvataggio di una
capretta che era nel set di un film: la diva se la portò in camera in hotel
e poi nella sua villa. 
“Né gli asceti né i razionalisti possono insegnarci molto sulla compassione” (pag. 40). Il rabbino e teologo americano (di origine polacca) Abraham Joshua Heschel (1907 - 1972) spiegava che i Profeti della Bibbia ebraica non sono asceti: sapevano bene cos’è la compassione. Nella Bibbia l’esperienza del divino è intesa come una Festa, e lo scopo della vita è fare festa, la gioia, la felicità.
In Luca l’ebreo Gesù usa questa similitudine che è usata anche dai rabbini (Cohen, “A Basic Jewish Encyclopedia”): “Siate compassionevoli come lo è il Vostro Creatore Celeste” (6, 36). 

La vera imitazione di Dio è per mezzo della compassione (6, 26) perché noi siamo stati creati a Sua immagine e rassomiglianza. 




Nello stesso Evangelo (10, 33 – 34) c’è un passo citato anche da Daniel Goleman (http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/allenare-lattenzione-muscolo-della.html): “la Parabola del Buon Samaritano”, ove si dice che quell’uomo “ne ebbe compassione; avvicinatosi, fasciò le sue piaghe, versandovi sopra olio e vino; poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse in una locanda e si prese cura di lui” e dunque la compassione è l’atto dell’effettivo sollievo del dolore altrui. Nella Parabola del figliuol prodigo (Luca 15, 11 – 32), la compassione è Festa e nella Parabola del debitore insolvente (Matteo 18, 23 – 35) è il perdòno.
La compassione genera compassione: “Beati i compassionevoli, perché riceveranno compassione” (Matteo 5, 7).
Padre Matthew Fox benedice l'impegno
di quelle persone che si battono per
il riconoscimento dei diritti civili come l'estensione
del matrimonio alle coppie gay. Per Meister Eckhart,
la giustizia compassionevole è "quel movimento
verso l'eguaglianza che parte dall'idea che tutti gli esseri
umani sono tutti egualmente umani".
L’ebreo Gesù cita le sei opere di misericordia corporale nel Vangelo di Matteo (25, 34 – 46) e Giacomo: “La fede senza le opere è morta” (2, 15 – 17.24.26)
Il mistico tedesco Meister Eckhart (1260 – 1328), che Fox chiama “il vero teologo della compassione” (pag. 119) dice che “la maniera migliore per chiamare Dio è Compassione” e Tommaso d’Aquino (1225 – 1274) scrisse che “La compassione è il fuoco che il Signore è venuto ad accendere sulla terra” (Super II ad Corinthios, XI, 6).
La Bibbia ebraica è compassionevole anche verso gli animali che devono anch’essi riposare il giorno di Shabbat (Esodo 20,10), e hanno tutta una serie di regole che proteggono dalla violenza gli animali: ad esempio, il bue che macina non deve portare la museruola in modo da potersi cibare del grano (Deuteronomio 22, 10).
La spiritualità di Matthew Fox quindi è per uomini e donne d’azione, e dunque anche gli attivisti: gli attivisti per i diritti umani dei gay, per esempio (http://lelejandon.blogspot.it/2013/10/gay-power-is-creativity-also-when-you.html), gli attivisti per i diritti degli animali (tema trattato alle pagg. 202 – 218 e su cui torneremo con un articolo ad hoc qui sul Blog), gli attivisti per la difesa dell’Ambiente, come il Premio Nobel Al Gore. E per chi, come il Nobel Obama, si è attivato, col suo voto No da Senatore, contro l’ennesima guerra per il petrolio: la guerra in Iraq.

"La Scala di Giacobbe", ciclo pittorico del
soffitto dell'abbazia di Praglia. 
Quel passo biblico travisato da Agostino e dai mistici maschilisti: 
la Scala di Giacobbe interpretata
in senso di fuga dalla Terra 
In 1000 anni gli Ebrei non si son sognati simili fughe come i Cristiani 

Invece spesso si tende a cercare il successo e la perfezione (patriarcale) anziché la compassione (che è materna).
Troppe donne, nel conformarsi al patriarcato (ed anche la chiesa cattolica è patriarcale), divengono “le peggiori vittime di sé stesse”, come dice la scrittrice femminista americana Erica Jong.
Dietro questa scalata del successo a scapito della compassione c’è tutto un immaginario religioso che è stato creato a partire (come al solito) dall’africano Agostino: la “scala di Giacobbe”.

Che altro non è che un’errata interpretazione fuori luogo della teofania nel sogno di Giacobbe (Genesi 28, 10 - 19). 


Giacobbe sogna un sogno trascendente ove c’era una scala che poggiava a terra e la cui cima toccava il cielo ove c’era Dio. 

Gli angeli salivano e scendevano. 


Svegliatosi, Giacobbe prese la pietra che aveva messa come capezzale e la pose come pietra commemorativa e chiamò quel luogo santo “Betel” (Casa di Dio). 

Padre Fox invita ad abbandonare questa simbologia
della scala, che deriva da un'interpretazione travisata
del passo biblico di Genesi 28, 10 - 19. 

I mistici cristiani (maschi, e, ripetiamo, “i mistici non hanno molto da dirci sulla compassione”) ne hanno fatto un’immagine di fuga dal mondo, dalla terrestrità e dalla natura (lo pseudo-Alcuino, Alano di Lilla, Gregorio Nisseno, che inventa 9 espressioni per l’ascesa, Filone di Alessandria, Origene, quello famoso per essersi evirato; san Benedetto, san Bernardo, lo pseudo Bernardo, Riccardo di Saint-Laurent ed Ugo di San Vittore): è “la contemplazione a spese della compassione”.

Tommaso e Meister Eckhart, no: entrambi Domenicani (come lo fu Padre Fox sinché non fu scacciato da Ratzinger), non hanno seguito quei mistici fuori dal mondo.
Infatti, il Dio biblico dice di abitare “in mezzo” (Esodo 29, 45) come ricorda Gesù (Matteo 18, 20), non al di sopra (pag. 63): è il panenteismo (“Dio è in ogni cosa”, vedi http://lelejandon.blogspot.it/2013/10/in-principio-era-la-passione-la.html) che il teologo norvegese Thorleif Boman (1894 – 1978) chiama “la trasparenza di Dio”.
Gli ebrei non si sono neanche mai sognati di notte una simile interpretazione evasiva: “Se l’enciclopedia della spiritualità cristiana ha bisogno di ben 24 colonne per la scala spirituale, quelle ebraiche non hanno nemmeno una voce di questo tipo, nonostante il fatto che Giacobbe fosse un ebreo e che gli ebrei avessero in mano il testo di questo sogno circa mille anni prima” (pag. 62).

La "Scala di Giacobbe" nell'Isola tropicale di Sant'Elena
a precipizio sulla capitale, Jamestown. 
Il risultato è nella prossemica non solo delle chiese (persino quelle protestanti hanno pulpiti troppo alti e distanti) ma anche dello skyline delle metropoli piene di grattacieli che sono la “proiezione delle nostre dinamiche interiori” (pag. 89). 
Questo genera la “pietà del piedistallo”, coi santi ed eroi in statue poste in alto: come irraggiungibili.

Si è finito così per creare un’immagine di Dio Giudice.
E’ stato l’impero cristiano, con l’alleanza fra trono-e-altare che, dal IV secolo, ad instaurare questo diabolico dualismo fra giustizia e compassione: ha manipolato le parole – chiave a suo uso e consumo per amore del Potere di controllo sulle anime.

Le parole ebraiche per giustizia (sapat e mispat, misericordia) sono state tradotte con “giudizio”.
Invece il senso biblico è che misericordia non è un temperare un giudizio bensì recare giustizia.



"La Scala di Giacobbe" del pittore Jacques Stella (Lione 1596 - Parigi 1657)

Ecco l’immaginario religioso proposto da Padre Fox ispirato alla Bibbia Ebraica: “La Danza in Cerchio di Sarah ridente”
Così "gli Ultimi saranno i Primi"
Gli esempi: gli Alcolisti Anonimi e i Gruppi di Liberazione Maschile 


Ricorderete che nel mio ultimo articolo avevo parlato di allargare il nostro "cerchio morale": ecco, a questa perversa immagine intrinsecamente violenta della Scala di Giacobbe (che fa violenza al corpo, per esempio, perché vuole fuggire dalla corporeità, come gli gnostici antichi), Matthew Fox contropropone proprio quella che egli chiama (in assenza, come diceva l’ebreo Erich Fromm nella sua Psicanalisi della società contemporanea, di una parola per “spiritualità democratica e liberante”) la “danza in cerchio di Sarah”, “una spiritualità fatta di gioia e risate”: lo scopo della vita è la gioia (cfr. il libro di Fox In principio era la gioia). 
Com’è noto, a Sarah fu annunziato da un visitatore che avrebbe avuto un figlio (benché lei fosse ormai anzianissima come il marito Abramo nonché in menopausa) e lei, piena di sorpresa di questo annuncio, scoppiò in una grassa risata (Genesi 18, 11 – 15) sinché dovette ricredersi: essa partorì un figlio che chiamò Isacco (che significa “Dio ha sorriso, Dio è stato generoso”). Mi viene in mente una mia amica ceca, Andrea, che desiderava tanto diventare madre. I medici le avevan detto: 
La risata di Sarah alla notizia che avrà un bambino. La storia è
narrata nel libro della Genesi. 

“Non avrai figli”, eppure lei, con propria sorpresa, è rimasta incinta dopo aver trovato il compagno della vita. Sorprendente, no? Oggi è radiosa e sorridente.
Persino dal punto di vista cosmologico, quell’immagine maschilista e deformata del messaggio biblico è falsa: la Terra è curva, non piatta! Fate attenzione: chi seguita ad usare immagini come “in alto” e “in basso” in senso figurato, è rimasto indietro di 500 anni, diceva il filosofo ed inventore americano Buckminster Fuller (1895 – 1983). Gli unici ad avere mutato il proprio linguaggio sono i piloti d’aereo che quando parlano dalla torre di controllo dicono “flying in” e “flying out”, volare dentro e fuori, che richiama anche quell’esperienza mistica che è fare l’amore. 
AUTOIRONIA. La persona spirituale sa anche ridere di sé stessa. 

 L’idea di dritto non esiste in natura (è un’astrazione della geometria euclidea). Per quei mistici, dunque, la compassione è un lusso: Dio è già sulla terra, ai pié della scala. Ma se Dio avesse voluto adorassimo qualcuno che sta così in alto, ci avrebbe dotato di un occhio sopra la testa!, scherza Fox (pag. 72). Invece, ci ha creati con degli occhi fatti apposta per le relazioni vis-à-vis (come, aggiungo io, diceva l’ebreo Emmanuel Lévinas, 1906 - 1995).  Anziché la frustrante fatica di Sisifo di salire sulla scala dei mistici cristiani, Fox c’invita a danzare: solo nel cerchio è possibile creare quella dinamica a cui c’invita l’ebreo Gesù, “gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi” (Matteo 20, 16). 
TEOLOGIA DELLA GIOIA: La gioia di diventare genitori di Sarah ed
Abramo. 

Ah, che bello – immagina Fox- se i leader politici e d’azienda si mettessero a danzare… Ognuno decida da sé: non può stare con un piede sulla scala e uno nel cerchio.
Nel suo libro On Becoming a Musical, Mystical Bear: Spirituality American Style (1976), Fox chiama “misticismo” l’entrare (ciò che entra in noi della bellezza) e chiama “profezia” l’uscire (l’andare a dare forma nuova alla società e alla storia affinché riflettano la bellezza che abbiamo ricevuto).
Un esempio di cerchio di Sarah sono i gruppi degli Alcolisti Anonimi, che traggon forza dalla condivisione della debolezza ed offrono un servizio senza richiedere compenso: secondo il già citato psicologo William Eckhardt, le persone da egoiste divengono compassionevoli.
La gioia di Sarah e di suo marito Abramo

Altri esempi: i gruppi di gay credenti e che si attivano per promuovere l’eguaglianza di diritti civili, Occupy Wall Street (citato anche da Jonathan Haidt http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/i-liberali-conservatori-han-piu.html come esempio di principio di correttezza/inganno e di libertà/oppressione), i gruppi di autocoscienza femminile e i gruppi di uomini che lavorano sull’identità maschile e rivendicano il diritto di occuparsi della famiglia di contro alla cultura del successo (Fox segnala la Rete Maschile Plurale, www.maschileplurale.it).
Per Erica Jong, il femminile consiste nella “capacità di cura presenti in ciascuno, indipendentemente dal suo sesso” e la poetessa Adrienne Rich (1929 – 2012) invita noi uomini ad imparare ad essere madri.

“Gli uomini potrebbero iniziare ad imparare la compassione, invece di proiettarla sempre sulle donne. Dice Adrienne Rich: “Sinché le donne, e solo loro, alleveranno i bambini, i figli maschi cresceranno rivolgendosi solo alle donne per averne comprensione”. “La liberazione delle donne dall’essere loro sole ad occuparsi dei lavori di casa potrebbe anche umanizzare di più il mondo del lavoro”, dice Fox. In tal senso, è stata importante, io credo, la riforma di Zapatero che ha dato eguali doveri nei mestieri di casa ad ambo i coniugi (ed ha anche accorciato la pausa pranzo affinché i lavoratori statali tornino a casa prima dalle loro famiglie e dedichino loro più tempo). “Le donne occidentali, da produttrici di bene come erano le loro antenate che lavoravano nelle fattorie o tessevano la lana in casa non più di centro anni fa, sono state ridotte a consumatrici” (pag. 262). Il primo passo si trasformazione, secondo Rich, è rifiutare il ruolo di vittima del sistema della scala. 
(A tal proposito, vorrei per parte mia segnalare che è appena uscito il libro “Trasformazioni del lavoro nella contemporaneità. Gli uomini nei lavori “non maschili””

(a cura di Margherita Sabrina Perra ed Elisabetta Ruspini, Franco Angeli, 2014) che parla di quegli uomini che svolgono mestieri che sinora sono stati svolti in stragrande maggioranza da donne ossia quelli legati alla cura di bambini, malati ed anziani: maestri elementari, infermieri, ostetrici (i maschi sono solo meno del 2%) e i babysitter (chiamati manny, da male + nanny), questi ultimi già molto emergenti in Gran Bretagna (ove un recente sondaggio mostra che il 90% delle famiglie è disposta ad affidare il proprio figlioletto ad un ragazzo). Anche in Italia (che pure ha avuto il libro Cuore di Edmondo De Amicis ove il maestro era un uomo) c’è qualche maggiore visibilità, come il pedagogista del programma Tv “SOS Tata”. 

Ecco, secondo me questa realtà si ricollega proprio al messaggio di Matthew Fox che in Compassione ma anche nel suo libroCreativitàinvita, anche come risposta alla disoccupazione, ad avere il coraggio di essere creativi e realizzare le proprie potenzialità e a superare la paura sia dell’omosessualità sia dell’androginia (ossia la paura per i maschi di rivelare il proprio lato femminile, cioè di cura, assistenza), cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2013/12/il-segreto-della-felicita-e-la.html.
Fox lancia un appello alla borghesia: fa notare “l’enorme potere e potenzialità che hanno coloro che stanno a metà della scala, e che possono essere usati bene o male. Quelli in cima, di solito, sono troppo preoccupati di fare in modo di rimanere in cima, e quelli al fondo di solito sono troppo occupati a sopravvivere” (pag. 89).
Come eliminare il maschilismo e il verticismo delle gerarchie dalla chiesa cattolica (che Fox in un articolo aveva chiamato “famiglia disfunzionale”)? Con la partecipazione democratica: “La spinta reazionaria di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI è stata enorme” (pag. 83), analizza Fox, e solo con “l’ordinazione delle donne, delle persone sposate e delle persone omosessuali” si può creare una chiesa come “popolo di Dio” (come diceva il Concilio Vaticano II) e non come un’élite maschilista e non rappresentativa.


Gli Ostacoli alla Coscienza Dialettica e Libera: competizione Nevrotica, Compulsività (Sadismo e Masochismo) 
e Dualismo Diabolico (corpo/mente, maschi/femmine)


Come attivare la compassione?
Abbandonando i tre membri della trinità demoniaca che la ostacolano soprattutto nell’attuale economia dominante:


-       la competizione sfrenata e nevrotica degli schiacciasassi, avidi che vogliono sempre di più (penso per esempio, nel caso italiano, a quegl’imprenditori che non investono nel loro personale, e sfruttano la manodopera giovanile sottopagata o non pagata per risparmiare): se una sana competitività e una sana ambizione è una “cura per l’indolenza” e sa godere del successo, d’altra parte può degenerare. Secondo la psicologa Karen Horney (“The Neurotic Personality of Our Time”, New York 1937) diviene malata se c’impedisce di godere dei successi, se non c'è gratitudine bensì ostilità implicita e se mira ad emergere distruggendo l’altro anziché costruire creativamente (pensiamo per esempio al linguaggio della nostra politica);

-       la compulsività: la coazione a ripetere, il sadismo ed il masochismo, sono il contrario della libertà spirituale, tipica dei perfettini inibiti che vogliono essere irreprensibili, che non ridono di sé, che non son capaci di fare festa, lasciarsi andare e partecipare al dolore degli altri. (A proposito del sadismo nell'àmbito del mondo del lavoro, vorrei portare come esempio il mobbing ed il bossing che consistono in quella serie di demansionamenti, esclusioni, atteggiamenti ipercritici pretestuosi ed umiliazioni sadiche fatte contro determinati lavoratori presi di mira al fine di spingerli a rassegnare le dimissioni. 
Si tratta di crimini inumani sovente taciuti per un malinteso senso di vergogna e per tema di ritorsioni da parte dei mobbers. Poiché questa gente è rimasta ancora adolescente, il mobbing altro non è che la prosecuzione del bullismo scolastico.) Il meccanismo dominante nel cosiddetto mondo del lavoro, che tratta i lavoratori come macchine, provoca alienazione, e l’uomo alienato di oggi diventa dipendente dall’alcol o dalla droga o dal sesso. 
L'esempio che fa Lele Jandon a proposito del discorso di
Fox sul mondo del lavoro è il mobbing.
Le persone compulsive sono avide: l’avidità è quando non sappiamo più distinguere fra bisogno e desiderio, e la ricerca compulsiva del denaro a breve termine è intrinsecamente frustrante perché non può mai essere interamente soddisfatta, e produce una vita senza autentico piacere (che implica un lasciarsi andare) e condivisione del piacere (che è superamento della relazione soggetto/oggetto, è unita, entrare e uscire: una dialettica). Vorrei ricordare, per parte mia, che già il filosofo greco Platone ammoniva contro la pleonexia (avidità, l’ansia da accumulazione infinita).

-       il dualismo cioè la divisione (aut aut) che è anche la divisione fra i nostri due emisferi cerebrali (di cui i più usano in Occidente solo quello sinistro e secondo cui è organizzato il cosiddetto “mondo del lavoro”) ed è “l’alienazione ultima, il peccato ultimo, il peccato dei peccati”, come dicono la teologa Mary Daly e Meister Eckhart: questa gabbia mentale c’impedisce di trovare le similarità e riconciliare le differenze. Ad esempio la divisione fra conservatore e progressista, fra eterosessuale ed omosessuale, fra maschio e femmina, fra Dio ed esseri umani, fra padre e madre.


Matthew Fox: “Riscopriamo le Tradizioni Spirituali
Occidentali: sono Tesori Inesplorati
che sviluppano il lato Destro del Cervello”
TEOLOGO. Padre Matthew Fox. 

Come dice Eckhardt, l’uomo spiritualmente maturo sa vivere dialetticamente (et et), sviluppare crescendo una coscienza dialettica che Fox chiama “pensiero correlativo” (tema caro anche al teologo hegeliano Vito Mancuso che invita ad ospitare nella propria mente la contraddizione: “il vero è l’intiero” diceva Hegel): sa pensare così l’uomo che sa ridere di sé stesso, dice Fox.
Senza consapevolezza, prosegue Eckhardt, non esistono autentici valori umani, e la libertà personale “genera da sé il senso di responsabilità sociale”. Un esempio di dialettica è il paradosso di Gesù: “Se non cambiate e diventate come i bambini…” (Matteo 18, 13). 
C’è stato un altro psicologo olistico che ha teorizzato il recupero della psicologia dialettica: l’americano Robert Ornstein (“La psicologia della coscienza”, Franco Angeli editore, Milano 1978), secondo cui gli Occidentali (a causa del positivismo e meccanicismo) adoperano solo un emisfero cerebrale, quello sinistro (logico – scientifico – analitico, che divide in pezzi e basta e non sa fare sintesi) a scapito di quello destro (intuitivo, esperienziale, sensuale, immaginativo, quello dell’immaginazione morale e della creatività e dei simboli studiati per esempio da Jung e che sa fare sintesi dialettica). 


Una tesi che è stata condivisa da un’altra scuola, quella della Gestalt (ad esempio, Joen Fagan). Ornstein propone di sperimentare forme di spiritualità e meditazione orientali (come, aggiungo io, il filosofo Sam Harris); la proposta di Fox, invece, “parte dalla constatazione che le tradizioni spirituali occidentali sono dei tesori inesplorati, colmi di verità sul lato trascurato del cervello” (pag. 117).  Eckhardt cita un’osservazione del collega psicologo Arthur Jersild che sa tenere insieme sia il lato di gioia sia di dolore della compassione: “Alcuni elementi della compassione si ottengono soltanto a prezzo del dolore, mentre ci sono altri elementi che si ottengono soltanto se si è conosciuto il significato della parola “gioia”.


Ecco le tre proposte foxiane di esperienze psichiche che possono contribuire a far sviluppare la compassione creativa:

-      Lasciar essere: la sorpresa e il mistero (contro l’illuminismo scientista)

-   Lasciar andare (letting go): liberarsi dal Dio-Scala, dagl’idoli, dal nazionalismo, dalla paura delle alternative e la paura del nulla (Dio ha creato anche il nulla). Gli Ebrei non hanno paura del nulla, non hanno quell’horror vacui dei Greci antichi. Il rabbino di Kotzk diceva che “Dio è dovunque l’uomo lo lascia entrare”. Inutile attaccarsi alle cose che, quando moriamo, dovremo abbandonare. Non siamo più capaci di valorizzare e vivere appieno l’esperienza necessaria della solitudine che è “imparare ad essere amici di noi stessi, godere della propria compagnia” (pag. 124). “Non si è mai davvero soli su questa terra perché c’è sempre il suolo, l’acqua, le piante e gli animali, i suoni, le stelle e il cielo” (pag. 125)

-       - Lasciare spazio alla dialettica, “accorgerci che siamo angeli e animali, divini e umani, lobo sinistro e lobo destro”, saper godere del tempo sospeso, senza orologio. Il rimorso di Francesco d’Assisi fu di aver trattato il proprio corpo con troppo rigore ed insistette per essere deposto ignudo (pag. 130) sulla terra che sapeva essere sorella e madre.

- Essere creativi: mettere la Creatività al servizio della Compassione. E qui Fox riprende il discorso sulla creatività, a cui abbiamo dedicato due articoli ai quali rimando.  Il processo creativo è così espresso da Fox nella seguente equazione fisica: Energia = Materia più Forma


E = M + F


A tal proposito vorrei citare ciò che Fox dice nella sua intervista nel libro di Paolo Rigliano (Gesù e le persone omosessuali, edizioni La Meridiana, 2014): “La persona omosessuale ha una creatività molto forte. E’ assolutamente ovvio che le persone omosessuali hanno prodotto una quantità di creatività nel mondo più alta rispetto alle altre persone (…) Moltissimi dei geni della razza umana sono stati gay o lesbiche, da  Emily Dickinson, a Leonardo, a Michelangelo. Uno dei motivi per cui il mondo gay è così profondamente creativo è che non può farne a meno, ha dovuto crearsi e deve crearsi uno stile di vita. Uno stile di vita che necessariamente è diverso dalla struttura familiare che la società in generale onora.” Aggiungo solo un’altra cosa, sul tema creatività.  Durante il primo seminario spirituale (tenutosi a Sezano, Verona) dell’Associazione Amici della Spiritualità del Creato, Fox ha anche detto che il cinema può fare molto per stimolare la compassione. 



Creatività, la Lezione della Professoressa Linda Sinclair

Il film suggerito da Lele Jandon
per riflettere sul tema della creatività: Fox ne parla sia
in Compassione sia nel saggio Creatività

Dal momento che ho creato un Cineforum, colgo l’occasione per citare un film recente di un regista esordiente americano, The English Teacher, che propone proprio il tema della Via Creativa e Transformativa. Ecco la trama: un’insegnante d’inglese del Kentucky, Linda Sinclair, una zittella 45enne che svolge con passione il suo lavoro ed è interpretata da un’imbruttita (col trucco) Julianne Moore (che abbiamo visto al Cineforum Gay del Guado in “Far From Heaven – Lontani dal Paradiso”), s’imbatte, per caso, in Jason, un suo ex allievo che era uno dei migliori nel fare le composizioni e che si è appena laureato in drammaturgia alla NYU con un dramma come tesi. La signorina Sinclair trova il giovane infelice e demoralizzato perché non ottiene il sostegno del padre per il suo sogno di drammaturgo: il genitore vorrebbe che studiasse per il test d’ammissione alla facoltà di legge per avere un posto di lavoro sicuro. La donna, che è una gran lettrice, chiede all’ex studente di poter leggere la sua opera: si commuove e se ne innamora. Sapendo che l’opera vale e che l’autore non merita di diventare un artista fallito, la prof gli propone di renderla lo spettacolo di fine anno del gruppo di teatro del liceo ove insegna con l’ausilio del collega Carl, teatrante mancato: per farlo deve fargli opera di convincimento (“Non darla vinta a tuo padre!”).

 La propone al preside ed il giovane autore aiuta il cast a capirla e ad interpretarla nelle prove. E sarà lei, la prof che ha sempre e solo letto ma mai scritto in vita sua, a diventare creativa scrivendone il nuovo finale affinché sia approvato dal preside (sicché sarà come se lei e il suo ex allievo l’avessero scritta a quattro mani)! Non vi svelo le complicazioni di questo film dello stesso filone di “Mona Lisa Smile” (col Premio Oscar Julia Roberts) e “L’attimo fuggente” (col Premio Oscar Robin Williams); m’interessa qui segnalare che in questo film sono affrontati almeno i seguenti temi-clou cari a Padre Fox:

- La Creatività come essenza della nostra Umanità (Via Creativa, cfr. il libro Creatività. Dove il divino e l’umano s’incontrano”, Fazi editore, Roma 2013, collana Campo de’ Fiori diretta da Vito Mancuso, edizione originale “Creativity. Where the Divine and the Human Meet”, 2002): la professoressa non solo per la prima volta scrive qualcosa, il finale dell’opera (perché il preside non accetta il finale originale), ma, dopo quest’esperienza, introduce nuovi metodi d’insegnamento per stimolare i suoi ragazzi e ragazze (proponendo come còmpiti per casa agli allievi di scrivere un finale diverso alle trame dei Classici letti in classe).

- Il peccato di Proiezione (tema di cui parla anche il sociologo Pim Fortuyn nel suo “La società orfana”, edizione italiana a cura dell’Associazione Culturale “Carlo Cattaneo”, Pordenone 2009, pag. 258): quando i genitori proiettano sui figli le loro speranze ed ambizioni, anziché lasciarli andare per la loro strada e seguire liberamente le loro aspirazioni, commettono un imperdonabile errore provocando infelicità, frustrazioni e nevrosi (nel caso del giovane, tale ansia è somatizzata da un’ulcera di evidente origine nervosa). E’ tipico di tanti genitori italiani che iscrivono al liceo classico (o in certe facoltà universitarie ritenute prestigiose) i propri figli per il proprio prestigio personale, senza che questi siano appassionati agli studi classici, coi tristi esiti che vediamo (“avrei tanto voluto fare…ma, sai, i miei me l’hanno impedito e così…”). Penso per esempio a tanti genitori di miei amici personal trainers che si vergognano che i figli studino scienze motorie benché quel lavoro gli piaccia.

- Le nevrosi del mondo moderno popolato di pantofolai annoiati e teledipendenti (come rischia di diventare il ragazzo del film che cazzeggia al pc quando riceve la telefonata della prof con la proposta che gli cambia la vita) derivano tutte, come ha mostrato nei suoi studi lo psicologo Otto Rank (1884 – 1939), dalla “sindrome dell'artista fallito” (artiste manqué).

- La Via Transformativa attraverso la Compassione creativa: Linda prende a cuore il caso di Jason e fa di tutto, riuscendoci, per trasformare quest’opera in un dramma teatrale trasformando così anche la vita del suo ex allievo e creandogli speranza. I giovani hanno bisogno d’incoraggiamenti così.
A queste tematiche del film se ne possono aggiungere altre che ho affrontato nel mio Blog:

-       lo Stato di Flusso (Flow) di cui parla il filosofo ungherese contemporaneo Mihaly Csikszentihalyi: quando noi facciamo un’attività che ci assorbe perché ci piace, ancorché faticosa, ci diviene dolce. Questo va ricordato quando si sceglie una professione: si deve seguire la passione. (cfr. http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/allenare-lattenzione-muscolo-della.html). Quando la prof chiede alla studentessa che ha il ruolo da protagonista se non sia stanca, lei le risponde che le prove sono impegnative ma che ciò le piace.

-       il ruolo dell’educatore che, diceva il professor Pim Fortuyn (1948 – 2002), “sfida l’allievo” (pag. 147) proprio come la prof, ed “è padre e madre insieme” (“La società orfana”): nel caso del giovane, la prof sostituisce il padre che non gli dà il sostegno morale e pratico del quale ha bisogno per realizzare la sua opera sulla scena. I giovani hanno bisogno d’insegnanti così, e di simili incoraggiamenti. Fox nel suo libro deplora la maniera con cui certi docenti incompetenti sentenziano sui bambini con frasi-killer del tipo: “sei proprio negato per quest’attività”, cose così, che mortificano sul nascere lo spirito creativo.

Einstein, lo Scienziato della Compassione
Fedele alla sua eredità ebraica e biblica:
ci ha mostrato la Relazionalità del Cosmo
 
TERRESTRITA'. Abbracciare gli Alberi
è un'esperienza che abbiamo fatto
al seminario spirituale con Ospite in Esclusiva
Padre Matthew Fox
al monastero
del Bene Comune di Sezano (Verona). 
La fisica classica si basava sul dualismo di Cartesio (1696 – 1650): res cogitans (cioè l’uomo che pensa), distinto dalla res extensa (la materia come oggetto esterno, solida, inerte, morta, stabile e “individualistica”). E vedeva gli atomi come la realtà ultima e mosse “come palle da biliardo” da forze esterne in maniera meccanica, come le parti di un macchinario (donde il termine “meccanicismo”, appunto) ed ha proiettato questa visione nella medicina, nella psicanalisi freudiana, nella psicologia (comportamentista/behaviorista).
Nel suo dialogo con la scienza, Fox invita a scoprire Albert Einstein (1879 – 1955) come “lo scienziato della compassione”, colui il quale, con la sua rivoluzionaria teoria della relatività (per cui spazio e tempo sono connessi e formano un continuum quadridimensionale, lo “spazio-tempo”, appunto), ci ha liberati dal meccanicismo e determinismo newtoniano (che vedeva il mondo come macchina statica) mostrandoci il mondo come totalità organica e come “configurazioni di onde di probabilità d’interconnessioni” (così il fisico Fritjof Capra: “L’Universo è una rete dinamica di configurazioni di energia non separabili”).  La meccanica quantistica rivela come le particelle subatomiche non hanno significato come entità isolate bensì come interconnessioni. Dunque “la materia stessa contiene la legge fondamentale della compassione: l’interconnessione” (pag. 183). 
E Lawrence Blair dice: “lo scisma fra i due mondi della scienza e della religione sta iniziando a ricomporsi”.  Einstein ha inoltre dimostrato che la materia è (una forma di) energia (quindi una vibrazione, come la musica), non una “sostanza”: è un verbo di movimento (come la compassione della Bibbia ebraica), non un sostantivo, una “cosa”! Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma: tutte le particelle possono scomparire in energia. Parole come “particelle elementari” hanno perso di significato. Anche le persone sono, per così dire, “azioni come i verbi: sono amanti, sono operatori di giustizia, portatori di compassione. Qui risiede il nostro “essere in pace col mondo”, ma non è una pace statica, bensì una pace di movimento che si chiama “giustizia”. Da questo punto di vista, Einstein è stato fedele alla sua eredità ebraica e biblica. Dio è attivo, e non passivo. E ora Einstein ci dice che anche la materia è attiva. Così anche per l’energia umana ultima che chiamiamo “compassione”” (pag. 186). Fox è fiducioso: “Sì, la scienza e la spiritualità si stanno incontrando e il loro luogo d’incontro si chiama compassione” (pag. 189).


In biologia, non funziona più l’idea (un’interpretazione sommaria della formula di Darwin della “sopravvivenza del più forte”, the survival of the fittest) che la vita biologica sia una guerra, anzi, “è possibile che la cooperazione sia la regola di base dell’universo” (ne abbiamo parlato anche nel precedente articolo sul Blog, ove lo psicologo evoluzionista Paul Bloom prova a dimostrare che i bambini hanno già un istinto alla collaborazione attiva verso il loro prossimo che ha bisogno d’aiuto: http://lelejandon.blogspot.it/2014/08/le-intuizioni-morali-innate-come-i.html). Infatti, nota Lewis Thomas (1913 - 1993) ne “Le vite di una cellula: appunto di un biologo” (Sperling & Kupfer, Milano 1980), “La maggior parte delle associazioni da noi conosciute fra gli esseri viventi sono essenzialmente collaborazioni, sono simbiosi”. Sia lui sia Meister Eckhardt ci dicono che il fatto stesso che esistiamo è un miracolo: “Statisticamente, la probabilità che ognuno di noi sia qui è tanto scarsa da farci pensare che il puro fatto di esistere dovrebbe metterci tutti in uno stato di stupefatta, abbagliata contentezza”: questa è una ragione sufficiente per fare festa. Ed Ernest Becker spiega che “sin dall’infanzia” reprimiamo “quel senso di assoluto miracolo che la vista della Creazione risveglia”.
La fuga dalla natura determinata dall’immaginario religioso della Scala di Giacobbe ci ha fatto dimenticare la nostra terrestrità, che è la parola chiave nella Via Positiva: è l’esperienza estetica di sentirsi umili nel senso di humus, “fedeli alla terra”: chi abbraccia gli alberi, chi carezza le piante, i soffioni, le coccinelle, le foglioline, nella frenesia delle nostre grige metropoli non godiamo il verde. “Le persone più compassionevoli che conosco”, dice Fox, “lavorano col il suolo” (pag. 220) perché il lavoratore della terra si trova “in una relazione in cui dà e riceve”.
Invece Cartesio nel suo programma ha scritto che noi dobbiamo diventare dominatori signori e padroni della natura: la Bibbia (e la spiritualità dei Nativi Americani) ammonisce di essere invece umili custodi del Creato. Noi stessi dipendiamo dalla salute del suolo, proprio come le più piccole creature!
Gesù stesso era molto terrestre, e adopera molte immagini agresti: per esempio paragona il Regno  di Dio ad un alberello che non cresce oltre mezzo metro, proprio perché vuole rimanere vicino alla terra.
Urge creare un’economia che sia ecologica se vogliamo sopravvivere come specie: del resto, sia “economia” sia “ecologia” derivano dal medesimo prefisso, “oikos”, Casa. La nostra casa non è solo la nostra piccola Nazione, ma il Creato ove tutto è interconnesso.



L'economista Adam Smith esordì come filosofo morale

con la Teoria dei Sentimenti Morali

La Bioeconomia di Herman Daly: Economia

come sottoinsieme dell'Ecosistema 
Il PIL non è più un indicatore di benessere:
in Italia cresce la povertà 




L’economia dominante oggi si basa sul dualismo, la compulsività e una nevrotica competizione.

Fox ricorda ai liberali che Adam Smith, il fondatore della filosofia economica, esordì come filosofo morale: con la Teoria dei Sentimenti Morali (1759) la cui parola – chiave era appunto la “simpatia” (la stessa parola usata da Scheler), cioè la compassione (vedi mio precedente articolo: http://lelejandon.blogspot.it/2014/08/le-intuizioni-morali-innate-come-i.html).

Eppure, l’economia di oggi è spesso immorale e le persone che lavorano sono solo numeri. (Io penso alla testimonianza
dell'esperienza di alienazione in fabbrica della filosofa Simone Weil, per esempio). 

Il modello economico neoclassico funziona ancora sulla base dell’astrazione dell’Homo Oeconomicus, razionale e senza considerare i suoi sentimenti morali (appunto), e sulla base di leggi meccanicistiche, per cui, dice il teologo cattolico canadese di origine ebraica Gregory Baum (“Religion and Alienation”, Paulist Press, Paramus 1975) “il lavoratore perfetto è quello che rassomiglia ad una macchina”, e le vittime di questo sistema sono il corpo, le energie e la creatività del lavoratore.



Una di queste “leggi” dell’economia è la supposta legge della crescita infinita del PIL (mentre il mondo si sta contraendo): più alto è il prodotto interno lordo, meglio starebbe un Paese. Questo tipo di quantità, anziché la qualità della vita e dei prodotti del lavoro, è stata eletta ad unica norma dell’economia (proprio come avviene nello scienziato iper-specializzato moderno). E per dimostrare quanto falsante sia questo modello, Fox si mostra bene informato sull’impoverimento dell’Italia: “L’Italia, pur essendo uno fra i Paesi più ricchi al mondo in termini assoluti, nel 2003 aveva l’11,8% della popolazione in condizioni di povertà relativa, un tasso che è salito al 15, 8% nel 2013, più l’8% che vive in condizioni di povertà assoluta.”

Sempre più economisti ecologici ed umanisti (per esempio, Herman Daly, fondatore della bioeconomia, University of Maryland) hanno proposto altri criteri per valutare il benessere di una Nazione.

Il già citato grande inventore e filosofo Ernest Friedrich Schumacher, il quale fu economista tutta la vita, invita a riscoprire la differenza fra cose e macchine e strumenti: la spiritualità ebraica insegna che gli strumenti, gli utensìli (keli), sono al servizio dell’uomo (aumentano il potere dell’uomo), mentre le macchine finiranno (prima o poi) per rendere schiavi gli uomini. Nella nostra economia, tutto è ridotto al profitto: è un riduzionismo come lo fu quello materialista di Marx.

Secondo lui, esistono quattro beni:


-    i beni primari non rinnovabili, che convertiamo ma non produciamo perché li produce la terra (es. la terra ed il petrolio, donde le guerre per il petrolio, es. in Iraq): nella nostra attuale economia noi li trattiamo come fossero beni manifatturieri cioè come parte di una macchina, come una cosa

-       i beni primari rinnovabili (es. il grano)

 i beni secondari manifatturieri (le merci, es. le scarpe): l’economia di oggi si applica compiutamente solo a questa categoria.

-       i beni secondari convertiti (i servizi)
Nel film "Noah", del regista ebreo americano Darren Aronofsky, ispirato
alla storia dell'Arca di Noé narrata nel libro della Genesi, si
affronta il tema dell'ecocidio. I protagonisti sono i Premi Oscar
Russel Crowe e Jennifer Connelly, che facevano coppia anche nel film
"A Beautiful Mind" (vedasi mio precedente articolo). 


Come già denunziavano Gerald e Patricia Mische (“Toward a Human World Order”, Paulist, New York 1977), “l’esaurimento dell’ozono rende tutti vulnerabili al cancro della pelle (…) la crescita del prezzo del petrolio arabo fa salire l’inflazione dappertutto”, per non parlare dei disastri ecologi di chi ha scelto il nucleare: Chernobyl e Fukushima. Riccardo Petrella (“Res publica e beni comuni. Pensare le rivoluzioni del XXI secolo”, Monastero del Bene Comune, Verona 2010) denunzia la “predazione dei beni comuni: sfruttamento eccessivo delle terre arabili, diminuzione della biodiversità, inquinamento delle acque dolci e dei mari, esaurimento delle risorse energetiche non rinnovabili, deforestazione”.

Lo psicologo William Eckhardt ammonisce che “Non ci sono fatti liberi da valori. Di conseguenza, una scienza libera dai valori è una contraddizione in termini”. Lo stesso vale per l'economia.

E’ giunto il momento di capire (come dice il sopra citato economista Herman Daly) che “tutti i sistemi economici sono sottoinsiemi del grande sistema biofisico d’interdipendenza ecologica”.
A proposito della coscienza ecologica, vorrei segnalare che per la salvaguardia dell’ecosistema è nata una nuove disciplina: la psicologia della conservazione, che crea strategie psicologiche per dare incentivi e rinforzi positivi ai cittadini a prendere coscienza del fatto che possono contribuire a tutelare l’ambiente (come nel riciclaggio di rifiuti) e studia quei meccanismi distorsivi (come l’idea che la crisi ambientale sia “più grande di loro”) che portano a negare l'importanza delle politiche ambientali (e culturali).

LELE JANDON