sabato 1 febbraio 2014

Pim Fortuyn, Theo Van Gogh, Ayaan Hirsi Ali: gli Eroi d'Olanda che han denunziato l'ideologia del multiculturalismo. Seconda Parte del Reportage da Amsterdam


di LELE JANDON
La statua in onore di Pim Fortuyn a Rotterdam (Olanda). 

Eroi Olandesi/3
Il Prof di Sociologia che denunziò il multiculturalismo 
e fu ucciso da un nativo olandese per le sue idee


Pym Fortuyn (1948 - 2002) era un elegante professore di sociologia dell'Università Erasmus di Rotterdam (città che, dal 2015, sarà a maggioranza mussulmana, secondo le previsioni demografiche). Era dichiaratamente gay e cattolico, e nel 1997 scrisse un saggio si scienze sociali intitolato Contro l’islamizzazione della nostra cultura” (edizione italiana a cura dell’Associazione Culturale “Carlo Cattaneo”, traduzione di Elisabetta Svaluto Moreolo,  Pordenone 2009).
Nel suo libro Fortuyn paventava gli oggettivi pericoli insiti nel lasciare crescere una sottocultura, quella islamica tribale, che non vuole imparare l'olandese, far lavorare le donne ed incita all'odio e al disgusto contro i gay paragonati ai maiali e le donne olandesi trattate come “troie” (cioé, appunto, le femmine dei maiali: gli animali più odiati dai mussulmani perché ritenuti impuri). Fortuyn denuncia il negazionismo dell'omosessualità nella cultura islamica:


“La condizione degli omosessuali in molti Paesi islamici è miserabile. L’omosessualità non esiste (…) Il che non significa che non esista realmente. Anzi, è molto diffusa, soprattutto fra i maschi. E’ una forma di sessualità occasionale, legata alla disponibilità assai limitata di donne. La donna infatti è predestinata al matrimonio, a cui deve arrivare vergine. I rapporti eterosessuali sono quindi un bene raro e difficilmente vengono consumati al di fuori del matrimonio, Restano così solo i rapporti con persone dello stesso sesso. Questo impedisce all’omosessualità di evolvere in una forma autonoma di sessualità, di amore e di rapporti. Perché ciò accada è necessario infatti riconoscere che il desiderio e l’affettività omosessuali sono equivalenti a quelli che entrano in giuoco nei rapporti e nelle relazioni eterosessuali. Solo così l’omosessualità può diventare a pieno titolo alternativa all’eterosessualità” (pag.80)
“Dobbiamo spezzare con forza questa cultura della chiusura e del silenzio. Dobbiamo mettere in discussione la condizione della donna e degli omosessuali (uomini e donne) all’interno della cultura islamica in Olanda. Tutti dovranno conoscere la storia dell’emancipazione delle donne e degli omosessuali in Olanda, sia gli olandesi autoctoni sia gli olandesi che vivono ancora del tutto o in parte all’interno della cultura islamica a cui appartengono. Sulla base di questo dibattito dovremo inoltre fissare i confini di ciò che è assolutamente inaccettabile e di ciò che invece possiamo tollerare” (pag. 83).

"I problemi sollevati da Fortuyn erano sotto gli occhi di tutti e la loro soluzione non era certo facile: per il momento, il Partito Laburista aveva deciso di ignorarli" (Ayaan Hirsi Ali, "Infedele", pag. 307).
“Islam ideologia da combatter
come il comunismo”

Con disonestà intellettuale, però, i mass media hanno operato contro la sua persona una storica campagna di diffamazione a mezzo stampa, accusandolo di essere “razzista”. 
La Pagina Facebook a lui dedicata conta
2414 likes.
Lui spiegava che la razza non c'entra, ed oggi dinanzi alle conversioni di molti occidentali (di razza “bianca”) all'islam sappiamo ancora meglio che non è la razza, bensì l'ideologia dell'Islām radicale. Poco prima dell'Undici Settembre, questa mente brillante qual era il Professor Fortuyn aveva fatto notare come non esista conflitto al mondo in cui l'Islam non giuochi un ruolo predominante. Così come abbiamo combattuto il comunismo, così oggi dobbiamo combattere l'islamismo, diceva. “Prediche inutili”, per dirla con un altro liberale rimasto inascoltato, Luigi Einaudi. 
                                     

                             


E in Tv va in scena la furia dell’Imam in nome dell’Islam
contro Fortuyn. E lui: “Cari spettatori, visto il Cavallo di Troia? Noi non odiamo, loro sì”

Il corpo senza vita di Pim Fortuyn, ucciso da un estremista
di sinistra in un parcheggio.
Nel 2002, in un dibattito televisivo "Fortuyn punzecchiò un imam facendo mostra della sua omosessualità. Alla fine l'imam esplose apostrofando Fortuyn con insulti antigay. Fortuyn con calma si girò verso la telecamera e, rivolgendosi direttamente ai telespettatori, disse loro che questo è il genere di cavallo di Troia dell'intolleranza che gli olandesi stanno accogliendo nella loro società nel nome del multiculturalismo. Al quotidiano olandese “Volkskrant” che gli chiedeva se odiasse l'Islam, rispose facendo un paragone con una minoranza religiosa olandese, i riformati, fortemente antigay:


Io non odio l'Islam. La considero una cultura retrograda. Ho viaggiato molto nel mondo, ed ovunque comanda l'Islam, è semplicemente terribile. Tutta l'ipocrisia. È un po' come quei vecchi Protestanti Riformati. I Riformati mentono tutto il tempo. È perché? Perché hanno norme e valori che sono così elevati che tu non puoi umanamente sostenerli. Questo puoi vederlo anche nella cultura musulmana. Prendi per esempio i Paesi Bassi. In quale altro paese un leader eletto di un movimento importante come il mio può essere apertamente omosessuale? È meraviglioso che questo sia possibile. È qualche cosa di cui essere fieri. E mi piace conservare le cose così, grazie molte.” 


Scrive  Paola Vivarelli in un manuale elementare per ragazzini (“Pensa che ti ripensa. Filosofia per giovani menti”, Piemme): "Il paradosso della tolleranza è che se affermiamo che si deve essere sempre tolleranti, dovremmo accettare anche idee e comportamenti inumani. Se diciamo che la tolleranza non deve avere limiti, arriviamo all’indifferenza. Se dobbiamo aprirci al dialogo con tutti, dovremmo ascoltare anche chi predica il fanatismo e soprattutto chi lo mette in pratica. Ma questo non può in nessun modo aiutare la convivenza. Sino a che punto, dunque, possiamo tollerare opinioni e comportamenti diversi dai nostri?” 

E in una tranquilla cittadina olandese
va in scena la gioia islamica per le Torri Gemelle

Gli unici due libri tradotti in Italia sono stati pubblicati
dall'Associazione Culturale "Carlo Cattaneo" di Pordenone.
Dopoché le Torri Gemelle di Nuova York crollarono, marocchini immigrati facevano festa per le strade della cittadina olandese di Ede, mentre un sondaggio rivelava che il 21% dei marocchini erano favorevoli (l'11% dei mussulmani “britannici”, in un simile sondaggio del “Sunday Times”, ritenevano giustificato l'attacco al WTC). Ayaan Hirsi Ali riporta il dato americano: il 26% degl'islamici “americani” (dai 18 ai 29 anni) giustifica l'uso delle stragi per difendere l'Islām. Nel marzo 2002, ottenne il 36% dei seggi alle elezioni locali di Rotterdam nelle elezioni per il consiglio di distretto, divenendo anche il primo partito della città dopo trent'anni di dominazione del partito social-democratico, che fu costretto all'opposizione. 


Ayaan Hirsi Ali (ex islamica): tutto vero
E rende onore a Fortuyn nel suo libro-denuncia
1400.000 voti, è secondo Partito; dopo l'uccisione del Leader 
carismatico, è quinto (500.000)
REQUISITO NECESSARIO
Scrive sempre Hirsi Ali nel suo libro "Infedele": 

Non ero sorpresa né spaventata dalla popolarità di Pim Fortuyn. Non pensavo assolutamente fosse razzista. Era un omosessuale che affermava il suo diritto di essere gay nel proprio Paese” (pag. 316, capitolo 15: “Minacce”). 
“Alcuni ex uomini di sinistra, tra cui Paul Scheffer, Arie van der Zwan e lo stesso Pim Fortuyn, iniziarono a muovere critiche al relativismo morale e culturale dei partiti di sinistra. Paul Cliteur, mio insegnante a Leida” (di scienze politiche, ndr) “lucido razionalista e acuto oratore, molto presto si spinse a criticare l'approccio multiculturale e l'Islam, venendo immediatamente bollato dai media come un conservatore reazionario” (pagg. 316 – 317). “A maggio Fortuyn dichiarò che avrebbe concesso il permesso di soggiorno olandese ai richiedenti che vivevano illegalmente ormai da molto tempo nel Paese. Lo scrissero in prima pagina, e io ne fui felice.” (pag. 317). Quando ad Ayaan Hirsi Ali venne chiesto: “Lei è d'accordo con Pim Fortuyn sul fatto che l'Islam è arretrato?”, lei risponde: “Secondo l'”Arab Human Development Report” dell'ONU, da un'indagine effettuata sulla base di tre fattori – libertà politica, istruzione e condizione femminile- emerge che le parole di Pim Fortuyn non sono un'opinione, ma un dato di fatto” (pagg. 321 – 322).

 Quando, nove giorni prima che vincesse le elezioni (in cui avrebbe potuto diventare il primo ministro del mondo gay dichiarato) il 6 maggio 2002, un estremista di sinistra, Volkert van der Graaf, 32 anni, gli sparò in un parcheggio fuori da uno studio Tv, la regina Beatrice stessa ebbe ad esprimere la sua costernazione. E la stampa, anche per difendere sé stessa, lo ha dipinto come un “pazzo isolato”, decontestualizzando così l'omicidio politico dalla violentissima campagna di delegittimazione in cui si dava al docente del nazista e del fascista.














Racconta Hirsi Ali: “Wim Kok decise di far svolgere ugualmente le elezioni, e il partito di Pim Fortuyn entrò in parlamento conquistando ventisei seggi” (con 1.614.801 voti, pari al 17% dei 150 dell'assemblea) “mentre i laburisti ne persero moltissimi” (pag. 318). La LPF divenne anche il secondo partito olandese.
I funerali di Pim Fortuyn. 
Pim Fortuyn era un grande tifoso del “Feyenoord” di Rotterdam, squadra di calcio che gli dedicò la vittoria della Coppa UEFA ottenuta pochi giorni dopo la sua morte. Nonostante entrasse a far parte della coalizione di governo di Jan Peter Balkenende, il nuovo primo ministro democristiano, la “Lista Pim Fortuyn”, priva del suo leader, entrò rapidamente in una crisi che si concluse qualche mese più tardi con lo scioglimento della Camera bassa. In occasione delle elezioni del gennaio 2003, il partito subì infine un forte riflusso elettorale, raccogliendo 549.975 voti (5,7%) e otto seggi, passando dal secondo al quinto posto, ed essendo così confinato all'opposizione, fino allo scioglimento, avvenuto nel 2008. 










Il corpo di Fortuyn è sepolto nella sua amata Italia
Sulla lapide: "Custodiamo la Libertà di Parola" 

La tomba di Pim Fortuyn vicino Pordenone.
Dopo i funerali, con rito cattolico, avvenuti nel paese natale, il corpo è stato sepolto a Provesano frazione di San Giorgio della Richinvelda, in provincia di Pordenone, dove aveva una casa. Tale era infatti la volontà di Fortuyn, espressa quando ancora in vita. Sulla tomba è inciso il seguente epitaffio: “Loquendi libertatem custodiamus” ("custodiamo la libertà di parola"). Nel cimitero di Westerveld rimane invece solo una lapide commemorativa. E' stato il primo omicidio politico dal 1584 (da quando cioé fu assassinato Willem Van Oranje) o, se vogliamo, dal linciaggio per strada (nel 1672) dei fratelli De Witt, e da allora (sono passato dieci anni), nonostante abbia rotto il Tabù, il problema resta immutato in alcune fette di popolazione (come vedremo, gli studenti di facoltà orientate a sinistra).


La profezia avverata: il nome più comune è Muhammed
Geert Wilders porta avanti le Idee di Fortuyn
Bawer: proibito il pensiero critico sulle altre culture

DIALOGO FALLITO. 
Oggi, il nome più comune dei bébé non é Jan bensì Muhammed: Maometto. Intanto, almeno c'é Geert Wilders a portare avanti le idee di Fortuyn e a chiedere il divieto del burqa. 

Ha paragonato il Corano al Mein Kampf di Hitler, e per questo Mohammed Rabae, leader del Consiglio Nazionale Marocchino, chiede che questo sia considerato reato. La stampa lo definisce un “moderato”. Il trattamento della stampa di sinistra è di congiura del silenzio: il “New York Times” non ha recensito né il libro di Bat Ye' or (“Eurabia”), né il libro di Andrew Boston (“The Legacy of Jihad”), né il libro di Bruce Bawer (“While Europe Slept”), né il saggio di Claire Berlinski (“Menace in Europe”), né la trilogia di Oriana Fallaci, né i due bestseller (proprio sulla classifica del NYT!!) “America Alone” di Mark Steyn e “The Truth About Muhammed” di Robert Spencer. Mentre il quotidiano di Nuova York ha recensito un libro, “Murder in Amsterdam: The Death of Theo Van Gogh and the Limits of Tolerance” del professore del Bard College Ian Buruma che demolisce le figure dei tre eroi sopra: Van Gogh, Fortuyn ed Hirsi Ali. Scrive nel suo libro Bruce Bawer (che ha lavorato proprio al NYT):

"NON VUOI IMPARARE L'OLANDESE?
NIENTE AIUTI DI STATO." Così la
laburista Jetta Klijnsma. 
“La vera istruzione (education) significa imparare a pensare con spirito critico (think critically); ma oggigiorno la maggior parte dell'istruzione nelle materie umanistiche e nelle scienze sociali è condotta all'interno di un quadro multiculturale che proibisce il pensiero critico sulle culture non occidentali. Gli studenti imparano che in quanto occidentali sono eredi colpevoli del colonialismo e dell'imperialismo e dunque non hanno diritto di giudicare alcun aspetto delle altre culture.” (B. Bawer, “Surrender”, Doubleday, New York 2009, pag. 20, traduzione mia dall'ediz. orig. Americana).


Intanto, la politica di asilo è stata riformata in senso più selettivo: gl’immigrati debbono sostenere un esame di lingua, cultura e valori olandesi, con un numero illimitato di tentativi ma sborsando 350 euro per ogni nuova richiesta di sottoporsi al test di cittadinanza. Dall’obbligo di effettuare il test sono esclusi i cittadini UE, degli USA, di Svizzera e Canada, Nuova Zelanda e Giappone, e i rifugiati politici e le vittime e testimoni della tratta delle donne. 
Chi non parla olandese ma riceve sussidi dal servizio di Welfare, d’ora innanzi dovrà imparare la lingua se non vorrà vedersi bloccare gli aiuti, ha dichiarato la laburista Jetta Klijnsma, sottosegretario agli Affari Sociali (foto, http://www.dutchnews.nl/news/archives/2014/01/learn_dutch_or_face_welfare_be.php). 
Stessa linea è stata adottata dal governo brittanico sotto la premiership del conservatore liberale David Cameron: chi intende ottenere la cittadinanza deve prepararsi per sottoporsi ad un test di cultura generale di quarantacinque minuti rispondendo a domande come "qual è il nome dell'Ammiraglio che morì nella battaglia navale del 1805 e che ha un monumento a Trafalgar Square?". L'obiettivo è ridurre drasticamente a poche migliaia il saldo migratorio ora troppo alto (centinaia di migliaia di persone ogni anno).

                                                                                   ****

Eroi Olandesi/4: AYAAN HIRSI ALI


L'elezione (2003) e la cacciata (2006),

la liberale che denunzia gli orrori dell'Islām

Eletta grazie al sistema delle preferenze individuali,

 l'Olanda scopre i femminicidi d'onore e le infibulazioni

L'evoluzione dall'Islamismo alla nascita come Individuo



IN DIFESA DEI DIRITTI DEI GAY. Il primo
intervento politico di Ayaan Hirsi Ali fu un
difesa della dignità dei
E dall'elegante professore di sociologia di destra passiamo allo spettinato regista di sinistra: Theo Van Gogh. A denunciare l'Islam non è stato solo un politico, ma anche un artista che più che alla politica era interessato alla società. Ma la sua storia s'incrocia con quella di una donna nera, d’origine africana e naturalizzata olandese, che diventò sua amica. Perciò partiamo da lei e dalla sua storia avventurosa e straordinaria.

La biografia di Ayaan Hirsi Ali (“Infedele”, Rizzoli, Milano 2007, la mia edizione donde cito i passi è del 2008, il titolo originale é “Infidel”, 2006), è il racconto secco, senz'aggettivi né retorica, della vita straordinaria di questa bellissima donna animata da una sete di verità che si può leggere piacevolmente come un romanzo d'avventura. Questo libro senza pretese letterarie eppure importante pei suoi contenuti è non già solo un viaggio (fra la Somalia, la teocrazia dell'Arabia Saudita, la nostra ex colonia dell'Etiopia, ed il Kenya, il Paese ov'è nato il padre del Premio Nobel per la Pace Barack Obama) in culture lontane da noi abitanti del mondo libero, bensì anche un esercizio (non facile) d'immaginazione: esso ci consente di vedere il mondo attraverso gli occhi di una donna fedele mussulmana che crede nel principio d'autorità ma allo stesso tempo è animata da un sincero amore per la verità e la libertà. Il libro ne mostra l'evoluzione sino alla perdita della fede nel dio islamico e nel suo diventare una donna adulta autonoma e liberale impegnata in politica che vuole restituire il favore alla società che le ha dato accoglienza e consentito di essere libera. 

Questo faticoso percorso è stato reso possibile grazie alle letture di romanzi (che esprimono quei sentimenti che sono repressi nell’Islam) e all'anelito di diventare “individuo” (parola che riecheggia in vari luoghi del libro). Ayaan non ha mai eccelso come studentessa: ciò che l'ha animata, dunque, è stata la passione per la verità, la sua innata spinta morale che ha sempre intuito che l'etica o è universale o non é. Emerge così il ritratto di una donna coraggiosa, che dice sempre ciò che pensa, e di nobili sentimenti: nonostante tutto ciò che ha subìto, non troverete traccia di rancore, risentimento, odio contro chi le ha fatto del male. Anzi, alla fine del libro lei ringrazia tutti: chi l'ha messa al mondo e l'ha cresciuta, nonostante lei oggi abbia saldi valori liberali opposti a quel mondo. Questa storia vera è la dimostrazione vivente che la virilità è una qualità dello spirito che appartiene anche alle donne: un coraggio virile che Ayaan ha dimostrato in varie occasioni, sia nel mondo islamico sia in Occidente. 



Il libro è stato in sèguito impreziosito dalla prefazione del suo amico Christopher Hitchens (1949 - 2011), che già aveva scritto di fondamentalismo (nel bel libro “Dio non è grande”), e che descrive il percorso di Ayaan come un' “autoeducazione” (pag. V) e così riassume in questa triade il fondamentalismo islamico: autocompiacimento, autocommiserazione e odio di sé (pag. II, nel senso di contemptus mundi e odio per l'umanità). E che così conclude: “ricorrendo al principio dell'universalità d'Immanuel Kant”, “potremmo affermare con una buona dose di certezza che il mondo sarebbe migliore se l'éthos di Ayaan fosse quello prevalente” (pag. VIII).







Il coraggio della madre di Ayaan che divorzia dal primo marito



Ayaan viene da una nobile famiglia somala. Sua nonna, che “viveva nell'Età del Ferro” (pag. 17), senza scrittura, la picchiava affinché imparasse per sempre a memoria la genealogia familiare (pag. 11): è la prima cosa che ti chiedono da quelle parti allo scopo di trovare un antenato comune così da scambiarsi ospitalità (pag. 12). 

TRENTASETTEMILA VOTI. 
La nonna le insegna altresì di cosa avere paura e come sopravvivere in caso di attacco: ad esempio, “con certi animali è meglio correre a nascondersi: iene, serpenti e alcune scimmie” (pag. 36), “con altri, salire subito su un albero, perché non possano seguirvi”, e così via. La madre di Ayaan in un certo senso “fugge” proprio come avrebbe fatto sua figlia in Olanda: mentre il mondo mutava e andava scomparendo il nomadismo, lei prende e va in città, ad Aden, e trova lavoro come donna delle pulizie, scoprendo cose mai viste come la forchetta, la vasca e la sedia (pag. 19)! Ciò sinché un giorno suo padre (il nonno di Ayaan) arriva con una proposta di matrimonio: lei, “anche se non le piaceva d'aspetto” (pag. 20), sposò l'uomo, un commerciante al quale si riteneva superiore, che la portò in Kuwait.

SOCIOLOGIA DELLA RELIGIONE. Come il grande sociologo
Max Weber, che indicò nello spirito calvinista l'origine
della prosperità olandese dei tempi d'oro, così Ayaan Hirsi Ali
(laureata in scienze politiche all'Università di Leida) vede
nell'atteggiamento passivo espresso dal motto "Inshallah"
la causa prima della permanente povertà dei mussulmani. 


 “Quando però suo padre, ormai vecchio, morì, mia madre fece un gesto sorprendente: disse al marito che voleva il divorzio. Naturalmente, stando alla legge islamica, la sua richiesta era immotivata. L'unica ragione per pretendere il divorzio sarebbe stata che il marito fosse impotente, o che la lasciasse nell'indigenza più completa. Tutti i membri del suo clan in Kuwait la ingiuriarono. Suo marito era ricco e, nonostante potesse permettersi varie mogli, tornava a casa da lei tutte le sere. Divorziando, sarebbe diventata merce di seconda mano” (pag. 21) e non più vergine né “baarri” (buona moglie, cioé “bestia da soma ben addestrata”, pag. 21). 



Il marito acconsente e il giudice le concede altri sette anni per crescere il figlio da sola; a dieci, sarebbe andato a vivere col padre. La nonna di Ayaan le rimprovererà questa decisione per il resto dei suoi giorni (pag. 22). Decide di andare con la madre a vivere nella capitale del nuovo stato liberato, Mogadiscio, dalla sorellastra Khardija Artan che le tiene il figlio mentre la manda a seguire i corsi di alfabetizzazione tenuti dal giovane Hirsi Magan (figlio di un guerriero leggendario), già allievo ed amico di Osman che “aveva inventato una grafia per trascrivere, per la prima volta, i suoni della lingua somala”, ed appena tornato dagli studi di antropologia alla Columbia di New York “per insegnare a leggere e scrivere alla gente comune” (pag. 24). La mamma di Ayaan diviene l'allieva prediletta e lo sposa nel 1966, benché avesse già una moglie, rimasta a Nuova York (pag. 26). 


Quando, Siad Barre, ex vicecomandante dell'esercito somalo che -dopo aver fatto uccidere il presidente- abbracciò il marxismo ed instaurò uno “stato di polizia” (pag. 31) sul modello sovietico, con “grandi quantità di denaro furono investite negli armamenti anziché nello sviluppo” (pag. 28) ed un'”economia fittizia”, senza carne, uova, verdure, olive né burro (pag. 31) aveva incarcerato suo padre, la madre di Ayaan si ritrova da sola a crescere i figli.








Il taglio della vagina (in nome dell'Islam, sul tavolo della cucina)

perché le donne non cerchino piacere





“In Somalia, come in molti altri Paesi dell'Africa e del Medio Oriente, le bambine sono rese “pure” asportando una parte dei loro organi genitali” (pag. 41 – 42): è l’infibulazione.


IL FASCINOSO PROFESSORE che ha CONQUISTATO il CUORE di AYAAN.
Una bella immagine di Nial Fergusson, professore americano di storia. 



Ecco la descrizione di questa pratica barbara (“precedente all'Islam” ma “sempre giustificata in nome dell'Islam”) che si fa intorno ai cinque anni (pag. 42):



Dopo che clitoride e piccole labbra sono stati completamente asportati, raschiati via o, in casi più compassionevoli, semplicemente tagliati o incisi, gli organi genitali vengono ricuciti in modo che una spessa fascia di tessuto formi una cintura di castità, costituita dalla carne cicatrizzata. Viene lasciata una piccola apertura, opportunamente posizionata, per la fuoriuscita di un sottile flusso di urina. Solo con grande forza e sofferenza si potrà in sèguito allargarla, lacerando il tessuto cicatriziale e permettendo così di avere rapporti sessuali.



In questo modo, i mariti, ossessionati dalla fedeltà, potranno fare sonni tranquilli: le mogli non cercheranno il piacere sessuale perché così il sesso è diventato un dolore; non più un diritto, ma un dovere unilaterale verso il marito-padrone.  Un brutto giorno, la nonna mette la piccola Ayaan di sei anni, sul tavolo della cucina, e le pratica la mutilazione genitale con le forbici: “Un dolore lancinante, indescrivibile, e urlai in modo quasi sovraumano” (pag. 43).  Le ragazze somale si vantano "che i loro organi genitali erano stati richiusi quanto più possibile (...) Spettegolando di un'altra ragazza" una sua amica disse: "Se passi davanti alla porta del bagno quando c'è lei, lo senti che non è vergine. Non sgocciola. Piscia forte, come un uomo." (pag. 129). Quando un'amica (infibulata) le racconta cosa si prova al primo rapporto completo con un uomo, Ayaan dichiara che non si sarebbe mai sposata per evitare quel dolore (pag. 131).


Poi, il padre di Ayaan fugge di prigione ed è esule ad Addis Abeba, capitale della vicina Etiopia, contro cui scoppiò la guerra: mussulmani contro cristiani, nomadi contro montanari. Anche l'ex colonia italiana era sotto il regime di un dittatore che però era “felice di finanziare i nemici del despota somalo” (pag. 46). 


Islamici che odiano islamici: i rapporti fra sauditi vs somali

La famiglia rimasta senza padre si trasferisce alla Mecca, la capitale anche religiosa dell'Arabia Saudita, e scopre così un Islam draconiano. Ayaan deve imparare l'arabo (stavolta da sola, senza il fratello perché le scuole sono rigidamente separate maschi/femmine) ed imparare a memoria tutto il Corano: “Il significato degli hadith, lezioni sulle sirat, le biografie tradizionali del Profeta Maometto, le lezioni sul fiqh, la legge islamica” e persino “in che posizioni muoversi durante il sonno” (sic, pag. 61).
Il padre di Ayaan disapprovava le norme saudite, come il dover viaggiare separati persino negli autobus (“Questo non ha niente di musulmano”! I sauditi sono stupidi come bovini!”) e, a differenza dei Sauditi, non picchiava mai i figli né la moglie.
Un'immagine dello storico Niall Ferguson, i cui libri sono
pubblicati anche in Italia. 
Invece, l'anaffettiva madre di Ayaan, indurita dalla vita e sempre più rancorosa contro il troppo assente marito, spesso si sfoga proprio contro i figli e li batte. In quel Paese la vita per una donna non accompagnata dal marito è dura: quando va a fare spese i negozianti non la servivano, e il vicinato la compatisce per le umiliazioni che era costretta a subire (pag. 60). Sinché “un giorno del 1979”, racconta Ayaan “mio padre rincasò presto e disse che eravamo stati espulsi” e così la famiglia deve lasciare il Paese (i lavori del padre resteranno sempre un mistero anche per la stessa Ayaan): respinti dal Sudan, vanno in Etiopia, in una villa nel cuore della capitale (pag. 67). Quando Ayaan impara la lingua del luogo, l'amarico, fece “una strabiliante scoperta”: le compagne di scuola non erano mussulmane, erano cristiane. Le donne portavano le gonne e “guardavano gli uomini in faccia” (pag. 68).

La madre odia l'Etiopia, terra d'infedeli, Ayaan la adora. E fu così che “a dieci anni, avevo già avuto modo di sperimentare tre diversi sistemi politici, tutti fallimentari” (pag. 72). Mentre in Somalia “tutti i clan parlavano la stessa lingua e credevano nello stesso dio” (pag. 80), l'Etiopia ospitava anche questi strani credenti chiamati cristiani. La madre insiste che i figli continuino a parlare in casa “un somalo perfetto” (pag. 82).  Nel 1980 la famiglia si trasferisce a Nairobi, capitale del Kenya, in terra di miscredenti, come gli etiopi: la madre e la nonna “nei dieci anni in cui vissero in Kenya, trattarono i kenioti quasi esattamente come i sauditi avevano trattato noi” (pag. 73). 
Qui Ayaan studia in una scuola elementare di stampo britannico, e “se non capivamo ci facevano inginocchiare fuori dall'aula sotto il sole. L'idea di prendere da parte un ragazzino e spiegargli nuovamente il concetto non era nemmeno presa in considerazione” (pag. 75). Il fratello riesce ad entrare con una borsa di studio in una delle migliori scuole secondarie del Kenya, mentre quando Ayaan compie quattordici anni va alla scuola media islamica.
Non stanno male, eppure la nonna non fa altro che rinfacciare alla figlia che la causa della loro povertà è la maledizione ricevuta dal padre per il divorzio dal primo marito, cosa che “non faceva che esasperare gli sbalzi d'umore di mia madre” la quale “sfasciava mobili e piatti”, “era dispotica e irragionevole, ci urlava in faccia una vita di frustrazione”. Eppure, la buona Ayaan non la odia: “sapevo che non lo faceva per odio nei nostri confronti, ma a causa della sua profonda infelicità, e la compativo. Nostra madre era stata abbandonata in un Paese straniero che disprezzava, con tre figli da crescere e senza il sostegno di un uomo” e “si considerava una vittima” (pag. 80).

LA PASSIONE PER LA STORIA. Il professor Fergusson è docente
di Storia ad Harvard. Anche Ayaan Hirsi Ali è un'appassionata
di storia e ha consegnato importanti contributi di riflessione
sulla storia olandese. 
Ayaan incomincia, grazie al fratello, a leggere i primi libri che parlano di libertà anche erotica e sentimentale, anche coi romanzetti di Danielle Steele (pag. 82), e quando a quattordici anni ha le prime mestruazioni (pag. 84), è (stranamente) il fratello a spiegarle la cosa. “Pensai di avere un taglio dentro la pancia, ma non lo dissi a mia madre. Sentivo che era una cosa di cui vergognarsi, anche se non sapevo perché”. Poi la sorellina dispettosa e sciocchina trova il nascondiglio della biancheria macchiata e la mostra alla madre che grida: “Prostituta schifosa! Che tu possa diventare sterile! Che ti venga un cancro!” e la picchia. Ma “poi entrò Mahad”, il fratello. 
Nial Ferguson con Dambisa Moyo, autrice de
"La carità che uccide"
“Gli sarò sempre grata per questo. Mi disse: “Senti, Ayaan, è una cosa normale. Ti succederà tutti i mesi. E' perché sei donna e puoi restare incinta. Mi diede dieci scellini e disse: “Questo è tutto il denaro che ho, ma se vai dal droghiere, ti basterà per tre pacchi di Stayfree” cioé gli assorbenti (pag. 85).



Le lezioni di Islam, solo nozioni a memoria e zero spirito critico 

La madre paga un predicatore ambulante a domicilio per l'insegnamento del Corano alle due figlie, “un giovane cencioso che arrivava dalle profondità rurali della Somalia” che fa loro trascrivere su tavolette i versetti: “non ci soffermavamo sul significato di quello che declamavamo” (pag. 87). 



LIBERALE. Paul Scheffer, sociologo olandese. 

Un giorno Ayaan ha il primo gesto di ribellione: quando arriva l'ora della “lezione” di Corano, si chiude in bagno con la sorella. “La gente ha smesso di scrivere su tavolette di legno cinquecento anni fa. Sei primitivo. Non sei nostro parente e quindi, come dice il Corano, non dovresti stare in casa nostra senza l'autorizzazione di nostro padre” (pag. 88). La madre paga comunque l'insegnante e gli dice di non tornare, ma quando Ayaan esce a chiudere il cancello, ecco che una mano le afferra il polso: era lui che la benda e la bastona per darle una “lezione” (pag. 89), lei si strappa di dosso la benda per guardare in faccia l'assalitore che le sbatte la testa contro il muro e se ne va. Il giorno seguente, poiché non ha voglia di fare le pulizie di casa, la picchia pure la madre che usa un suo metodo: l'afferra, le ordina di sdraiarsi a pancia in giù in modo da poterla legare e picchiarla su gambe e braccia Stavolta Ayaan le dice, “piena d'odio: “Non accetterò più tutto questo” (pag. 89).

"Il MULTICULTURALISMO DISTRUGGE la
SOCIETA'." Parola del sociologo olandese Paul Scheffer,
che fece iniziare il pubblico dibattito con un articolo
nel 2000 sul quotidiano liberale "NRC Handelsblad".
E' un sociologo, proprio come lo era Pim Fortuyn.
Anche lui, come il politico ucciso, è un ex uomo di sinistra. 
 “Falla finita: uccidimi. E se non lo fai tu ora, lo farò io quando mi lasci andare.” La madre la picchia e la fa dormire legata sul pavimento (pag. 90). Il giorno dopo, Ayaan tenta, a modo suo, il suicidio: ingurgita quelli che crede essere medicinali (in realtà sono vitamine). Le scoppia un capillare dell'occhio, a causa delle troppe botte ricevute dall'insegnante, e così, quando la zia le scopre il bernoccolo in testa, la portano in ospedale dove un medico italiano le scopre con una radiografia una frattura del cranio e molto sangue raggrumato fra la cute e l'osso. La rasano a zero e la operano.
“Pagò il clan. In ospedale capii per la prima volta che mia madre mi amava, e che tutti gli abusi non erano realmente diretti contro di me, ma contro il mondo, che l'aveva privata della vita cui sentiva di avere diritto.” (pag. 91). "Le lezioni di educazione islamica (...)" tenute da sorella Aziza "erano aride e noiose, le meno spirituali che potessi immaginare. Non c'era alcuna analisi, alcuna discussione etica, solo dati e nozioni storiche. Imparavamo elenchi di battaglie e rivelazioni del Profeta" (pag. 94). 
"La malattia del multiculturalismo"
è il titolo del saggio dello scrittore
ebreo olandese Wim van Rooy. 
Souad Sbai è presidente delle donne
marocchine d'Italia. 
A proposito del metodo di studio islamico, conferma (in un suo articolo sul "Corriere della Sera") l’italiano Marco Ventura, che ha tenuto delle lezioni al corso di formazione in religious studies per imam istituito quattr’anni fa all’Università Al Akhawayn di Ifrane (fondata nel ’93 dal re del Marocco Mohammed VI): 

"Dopo lunghi anni di scuola religiosa, gl’imam che arrivano a Ifrane sono supini sull’autorità del testo e dell’insegnante e hanno una testa divisa in due: esiste il sì e il no, il vero e il falso. L’islam è verità, il resto è ignoranza”.


Alla scuola coranica "non si parlava d'altro" che "dell'Inferno": "il Corano descrive i tormenti infernali con dovizia di particolari" (pag. 95). "Sorella Aziza ci introdusse al concetto della lotta interiore. Il jihad doveva avere luogo dentro di noi: era la sottomissione della nostra volontà." (pag. 99). Ma "il jihad violento è una costante storica nell'Islam." (pag. 126). Le viene anche inculcato l'antisemitismo (pag. 100). Ayaan incomincia a portare il foulard e si fa confezionare "un'enorme cappa nera": "ero unica: pochissime donne giravano così per Nairobi all'epoca. Stranamente, mi faceva sentire un individuo. Inviava un messaggio di superiorità: ero l'unica vera musulmana." (pag. 101). "Sorella Aziza ci disse che era nostro dovere convertire le compagne cristiane. Disse che era il solo modo di risparmiare alle nostre amiche le pene dell'Inferno." (pag. 101). Ma quando le compagnucce le rispondono che erano già salve, lei va dall'insegnante  e le dice: "non è colpa loro e non credo sia giusto che brucino all'Inferno." Ma "lei mi spiegò che sbagliavo. Se quelle ragazze rifiutavano la vera fede, allora era giusto che bruciassero. Arrivai quindi alla conclusione che tentando di convertirle e ottenendo il loro rifiuto, forse le stavo inevitabilmente condannando. Smisi di farlo. E tuttavia ero confusa. Eravamo tutti creati da Allah e prima della nostra nascita Lui aveva già stabilito se saremmo andati in Paradiso o all'Inferno. Perché, allora, prendersi il disturbo di cercare di convertire quelle ragazze, anche loro create così com'erano da Dio?" (pag. 102). "Persino da piccola, non riuscivo mai a capire come un Dio giusto potesse desiderare che le donne venissero trattate così."
Continua Ayaan: "Le donne non acquisiscono mai una chiara volontà individuale. Si piegano. Questo è il significato letterale della parola "Islam": sottomissione" (pag. 110). Ma Ayaan è diversa da tutte le altre: "tutte le altre ragazze si accontentavano di seguire alla lettera le regole della nostra religione, ma io mi sentivo spinta a cercare di comprenderle. Volevo che il mio sistema di convinzioni fosse logico e coerente." (pag. 119). Sicché "comprai l'edizione inglese del Corano, volevo capire meglio. Quello che scoprii fu agghiacciante. Boqol Sawm aveva detto il vero: le donne dovevano obbedire ai mariti, le donne valevano la metà di un uomo, gl'infedeli dovevano essere uccisi." L'insegnante glielo conferma: "le donne sono emotivamente più forti degli uomini, disse. Sono in grado di sopportare di più, quindi sono messe maggiormente alla prova." (pag. 121).  Un giorno Ayaan scopre di avere una sorella: il padre, all'estero, s’era ammogliato di nuovo. Un'altra umiliazione, per sua madre: "aveva così poco controllo sulla propria vita da non essere nemmeno stata informata del nuovo matrimonio di suo marito. (...) Ancora non lo sapevo, ma forse fu quello il momento in cui dentro di me si mosse il primo sentimento di ribellione alla sottomissione delle donne," (pag. 109): "dissi a me stessa che nella mia vita da adulta non sarei mai dipesa da qualcuno in quel modo." 

Souad Sbai è stata parlamentare del PDL.
 
Quando conosce il primo ragazzo "carino e gentile" con lei, Yusuf (detto Kennedy), pronto ad aspettare di averla sposata per avere il primo rapporto con lei, Ayaan si sente in colpa per le sensazioni che prova, anche per il primo bacio: "era come se nel mio cervello ci fossero tanti livelli separati. C'era baciare Kennedy, c'era l'onore del clan e c'erano sorella Aziza e Dio" (pag. 98). Kennedy "era ateo. Ero sconvolta. Non potevo credere che una cosa tanto empia potesse provenire da una persona così bella e gentile." (pag. 113). Ben presto (troppo presto, come nella tradizione islamica) le incominciano ad arrivare le proposte di matrimonio: "denaro e sicurezza: tutto si riduceva sempre a questo. Non c'era nemmeno l'idea dell'amore come era descritto nei romanzi che avevo letto." (pag. 133). 
La storica ebrea Bat Yeor da anni ammonisce contro i rischi
di islamizzazione del nostro continente. 

Col sostegno della madre, Ayaan rifiuta ogni volta. Le donne somale, ci spiega bene Ayaan, devono sì essere perfette nel servire l'uomo, ma "tradizionalmente, lavorano, e questo le rende più libere" (pag. 134). Questa è stata anche la fortuna di Ayaan, che s'iscrive ad un istituto per segretarie. Anche Ayaan si lascia sedurre dalle idee dei Fratelli Mussulmani (società fondata in Egitto negli Anni Venti) che avevano il merito quantomeno di salvare i ragazzi dalla droga. Ma al contempo si diletta a vivere "in un mondo diverso e immaginario", quello dei romanzi inglesi, i cui "dilemmi morali erano così interessanti che mi tenevano sveglia la notte". In Ayaan sta sbocciando lo spirito critico.

A vent'anni, nel 1990, Ayaan torna in Somalia, in una caotica Mogadiscio dove stupri, omicidi e borseggi per strada sono all'ordine del giorno, ospite con la famiglia a casa della prima moglie di suo padre. Qui conosce un ragazzo, Abshir, col quale si scambia dei baci. Lo dice alle sorelle. "Molti ragazzi avevano delle relazioni - si baciavano e si toccavano- ma non era concepibile che lo ammettessero apertamente. Innamorarsi era una cosa scandalosa, anti-islamica e anti-somala, e doveva essere nascosta." (pag. 148). Presto decide di lasciarlo: "se fossi rimasta in Somalia e avessi sposato Abshir, sarei diventata una pedina senza volto", e invece, dice Ayaan, "volevo essere un individuo" (pag. 153, cfr. pag. 214).

Ayaan intuisce che la libertà può trovarla nel lavoro, e trova un impiego come interprete per l'ONU.

A casa di una zia intrigante, conosce un cugino materno col quale c'è una forte attrazione erotica, Mahmud, ma "tutto si riduceva a questo: una tempesta ormonale". La parente vorrebbe combinare un matrimonio, ignorando le anomalie genetiche: "in Somalia, come in larga parte di Africa e Medio Oriente, i matrimoni fra cugini sono spesso considerati i migliori" (pag. 163). Poiché Mahmud dovrà partire per un lungo periodo in Russia, e i due sono ansiosi di fare l'amore, dunque si recano in segreto in un albergaccio dopo essersi sposati in segreto, ma la sua prima volta non è come quella che aveva letto nei romanzi, bensì proprio come gliel'aveva descritta l'amica infibulata come lei: "fu orribilmente doloroso e ci volle un tempo infinito. Strinsi i denti, sopportai il dolore. Mi costrinsi a non piangere, finché rimasi inebetita” (pag. 165).


Quelle donne emarginate dalle donne perché "impure" (stuprate o ragazze madri) 
Da baby fondamentalista Ayaan diviene donna adulta empatica col suo prossimo 

Il libro recensito in questo articolo.
A fine anno, allo scoppio della guerra, lasciano Mogadiscio attraverso il deserto e raggiungono un campo profughi a Mandera, in Kenya, assieme ad un immane esodo di somali in fuga, con gente con pidocchi e scabbia e diarrea e pieno di scorpioni e serpenti. 
"I soldati kenioti venivano di notte a violentare le somale che non avevano protettori" (perché rimaste senza parenti) "e poi quelle donne venivano isolate dagli altri somali e lasciate morire": "tutti i presenti in quel campo si definivano musulmani, eppure nessuno aiutava quelle infelici in nome di Allah" (pag. 182). Insomma, tutto il contrario dei valori evangelici. Una notte, una donna viene stuprata, e in quanto tale isolata: emarginata. "Non farti vedere con quella donna" dicono ad Ayaan "E' impura. Diranno che lo sei anche tu. Io vedevo solo un essere umano che aveva subìto un abuso e stava per morire, ma per loro quella donna era una reietta." (pag. 181).
Un secondo episodio di emarginazione di una donna in quanto "impura" è raccontato poco dopo: alla porta della casa di Ayaan bussa una ragazza-madre, Fawzia, con in braccio un figlioletto di tre anni, nato fuori dal matrimonio, senza casa. La madre di Ayaan "assunse un'espressione schifata, come se qualcosa mandasse un cattivo odore. Non poteva tenere una prostituta in casa, disse. M'indignai, poiché nulla lasciava intendere che Fawzia fosse una prostituta. Rividi davanti agli occhi l'immagine della donna nella capanna di stracci, al campo profughi: "Se non la lasci restare, io me ne vado", dissi seria. Fu una lunga battaglia", ma le sorella la appoggiano. "Ma' infine dichiarò: "Può restare, ma non voglio vederla." Questa donna viene isolata, evitata, molestata per strada, perché per la sua condizione "era una preda": "Fawzia mi disse che viveva per una cosa sola: suo figlio. Era una preda anche lui e sarebbe stato bollato a vita. Gli altri bambini, più grandi, lo emarginavano. (...) La maggior parte delle ragazze somale che restavano incinta prima del matrimonio si suicidavano" (pag. 193). Nel frattempo, la sorella era diventata una fanatica e una volta che stava condannando la ragazza madre, Ayaan le dice: "Allah non ci mette alla prova sul condannare una donna rimasta incinta al di fuori del matrimonio, ci mette alla prova sulla nostra ospitalità e carità." (pag. 192)

Ma, vi chiederete, com'é andata a finire la faccenda del matrimonio segreto con Mahmud? Ayaan non aveva promesso a sé stessa che non si sarebbe mai sposata? Un bel giorno Ayaan riceve una lettera da una donna dalla Finlandia che accludeva una foto con lui: le scrive che Mahmud era il suo ragazzo e che lui aveva una foto con Ayaan e le aveva detto che era sua cugina. Quindi, voleva sapere se era la verità, perché intendeva maritarsi con lui. Ecco il divertente esito della vicenda: "questa donna mi proponeva di liberarmi di lui. Scrissi una risposta educata. Naturalmente ero la cugina di Mahmud e naturalmente non potevo essere sua moglie, perché sarebbe stato un incesto." (pag. 186). Fine della storia! Ayaan è di nuovo single.

Il matrimonio combinato e la fuga ad Amsterdam
Sorpresa: la madre la perdona, il padre la maledice

Le sorti dello Stato di diritto dipendono dall’applicazione del principio della parità di trattamento. Ma crederò alla sua applicazione solo quando vedrò la magistratura indagare anche sulla discriminazione in certi ambienti islamici” 
PIM FORTUYN, “La società orfana”, pag. 213

Nel 1991, il padre di Ayaan, con grande gioia della figlia, arriva a Nairobi: "aveva abbandonato l'idea di una democrazia di stampo americano e si era convinto che solo l'Islam avrebbe potuto riunire i clan in guerra tra loro." (pag. 189). Un islamico "moderato", direbbe oggi affrettatamente la stampa; in realtà, se approfondiamo le sue idee scopriamo essere xenofobo: "E' sconsigliato, ma non è proibito instaurare un legame di amicizia buono e onesto con degl’infedeli, purché non si assumano le loro abitudini" (pag. 204). "Nessun essere umano ha il diritto di punirne un altro perché non osserva i suoi doveri religiosi. Solo Allah può farlo". "Questo era l'Islam di mio padre: una religione non violenta. (...) L'Islam di mio padre era anche, chiaramente, un'interpretazione di ciò che il Profeta aveva detto. (...) Un fondamentalista avrebbe obiettato a mio padre: "La frase "Solo il Profeta può invocare una Guerra Santa" non c'è nel Corano. Sei tu che ce la metti. E' blasfemia." (pag. 205).
Quando il padre di Ayaan decide di risposare la prima moglie e trasferirsi da lei, visto che la madre di Ayaan non gli rivolgeva la paura pel rancore, Ayaan viene di nuovo picchiata regolarmente da sua madre. Un giorno suo padre le propone di sposare un giovane che piace a lui: il tipico Fratello mussulmano che non legge mai un libro al di fuori del Corano. Cresciuto in Nord America, "non la finiva di ripetere che le ragazze somale cresciute in Canada, come lui, erano tutte praticamente delle prostitute" (pag. 197: dimostrazione del fallimento delle politiche d’immigrazione). Ayaan viene costretta a sposarlo: si trasferirà da lui in Canada, passando per Francoforte, da sola. E' la sua occasione di fuga: così, anziché ripartire per il Canada, decide di restare lì. Leggerete le impressioni di Ayaan per la prima volta in Europa, con le torri "come minareti" e le donne che "sembravano nude", e la sorpresa quando si leva il cappotto e "non c'erano occhi che mi accusavano silenziosamente e uomini che mi invitavano a letto con loro" (pag. 211). "Volevo diventare una persona, un individuo", ripete Ayaan (pag. 214, cfr. pag. 153). In Olanda la ragazza aveva un contatto: Mudoh, una donna che lei aveva aiutato a salvarsi da un campo profughi, e che la invita a casa sua come ospite ad Amsterdam. "Era venerdì 24 luglio 1992, il giorno che salii sul treno. Lo considero il mio vero compleanno: la mia nascita come persona, libera di decidere per sé stessa. Non stavo fuggendo dall'Islam o verso la democrazia. Non erano grandi ideali quelli che mi muovevano allora. Ero solo una ragazza che voleva trovare la strada per essere un individuo a pieno titolo e, per questo, feci un salto nel buio." (pag. 215). Questa sua amica si era maritata con un tedesco: "ciò significava che si era sposata non solo al di fuori del clan, ma al di fuori della nazione, e dell'Islam. (...) Non avevo mai incontrato una donna somala che avesse fatto una scelta simile. Chiesi a Mudoh quale fosse stata la reazione dei suoi. Dapprima l'avevano insultata e poi del tutto emarginata. Ma dopo il crollo di Mogadiscio, erano diventati molto più comprensivi e accomodanti. Le chiedevano costantemente aiuto, e denaro" (pag. 216). Ayaan le svela i suoi progetti di fuga in Inghilterra, e l'amica le suggerisce di restare in Olanda chiedendo asilo politico, dicendo di essere fuggita dalla guerra civile. Ayaan si reca quindi al centro di accoglienza, dove trovò molti africani, curdi, iracheni ed iraniani e bosniaci. "Non avevo mai sentito parlare di welfare state. Non avevo idea del perché dei totali estranei fossero così generosi con me. Mi domandavo da dove prendessero quel denaro e come potesse non esaurirsi" (pag. 219). Poiché essere vittima di nozze combinate non è motivo sufficiente per chiedere asilo (dal momento che ce ne sono tantissime, di vicende così), Ayaan inventa una storia, e non dichiara il proprio vero nome (Ayaan Hirsi Magan) per non essere rintracciata dai familiari: si dichiara "Ayaan Hirsi Ali". In attesa di risposta, decide di compiere un esperimento: esce senza foulard: nessun uomo si distrae dal lavoro, e fu così che Ayaan capisce che non c'era nessun pericolo ed abbandona definitivamente il velo. Le ragazze etiopi del suo campo profughi le insegnano ad andare in bicicletta e le fan comprare il suo primo paio di jeans, e le fan fare la sua prima nuotata. Anche in piscina, nota con grande stupore che nessun uomo perde la testa nel vedere una donna in costume! Ayaan si gode così i primi momenti di libertà (pag. 224) sinché arriva la lieta notizia: "Può restare in Olanda per il resto della sua vita. Lei è ufficialmente una rifugiata politica, e ora le leggerò i suoi diritti" (pag. 225). "Potevo lavorare o fare domanda per il sussidio di disoccupazione, potevo acquistare o affittare proprietà, potevo frequentare l'università, ricevere assistenza sanitaria gratuita e, dopo cinque anni nel Paese, chiedere la naturalizzazione e votare. Io non sapevo nemmeno che in Olanda ci fossero le elezioni. Perché votano? pensai, tutto funziona già in maniera così perfetta. (...) Potevo rimanere nel Paese, con tutte quelle persone gentili. Era come un sogno." (pag. 226). Grazie ad un'amica volontaria che le fa un prestito, Ayaan può frequentare i corsi di lingua per i rifugiati, e, grata al Paese ospitante, fa del volontariato. Ayaan ormai è adulta e risponde a testa alta ai somali che la riconoscono come connazionale e le intimano d'indossare il foulard anche se non la conoscono: ora è protetta dalla legge. Un giorno le arriva proprio al campo una lettera di suo padre, che nel frattempo l'ha rintracciata. Ha bisogno di denaro per un'operazione agli occhi, e invita la figlia a ritornare dal marito benestante. Marito che ben presto si presenta da lei con altri tre somali. Ayaan non si scompone e gli risponde che non intende andare via con lui. Il padre di Ayaan convoca un consiglio di anziani parenti stretti.  Ayaan accetta di ascoltare i loro discorsi che tentano di persuaderla a ritornare nella famiglia, ma infine risponde di aver deciso di no: è la sua risposta definitiva. E i parenti accettano la sua scelta, forse anche perché in Olanda non possono forzare nessuno. "Non ci fu alcuna violenza. Eravamo Osman Mahamud, non arabi, e gli Osman Mahamud colpivano molto raramente le donne." (pag. 236). Poi scrive una lettera al padre in cui dichiara la sua decisione di divorziare da Osman. La risposta del padre è un invito ad ubbidire al marito, altrimenti si sarebbe recato in Olanda. "Provai paura: se veniva in Olanda, mio padre mi avrebbe sicuramente picchiata e forse uccisa." Ecco l'ultima lettera del padre, "con l'inchiostro rosso, il colore che si usa per i nemici." (pag. 238): "Ho appena invocato Allah perché ti copra di vergogna (...) Va' all'Inferno! E che il diavolo ti accompagni!". Diversa (a sorpresa) la reazione della madre, che al telefono le dice: "Hai commesso un terribile errore, ma sarai sempre mia figlia" (pag. 239).
Nel frattempo, Ayaan diventa utile al campo come traduttrice simultanea dal somalo all'inglese. "Un giorno una ragazza somala" (infibulata) "mi chiese di accompagnarla all'ospedale: doveva sottoporsi a una visita ginecologica. (...)": "il dottore indietreggiò di scatto, scioccato. Quella ragazza era completamente priva di genitali: tra le gambe aveva solo una sezione totalmente liscia di tessuto cicatriziale. Era l'escissione estrema in cui i genitali esterni della bambina sono interamente raschiati via e, guarendo, formano una dura banda di tessuto scuro. Nemmeno io ne avevo mai vista una - è praticata quasi solo sulle bambine isaq del Nord- ma sapevo di cosa si trattava. Il medico e l'intera équipe erano sconvolti: pensavano che la ragazza fosse rimasta gravemente ustionata nel corso di un incendio. E a un tratto mi resi contro che qui, in Europa nessuno sapeva cosa fosse l'escissione femminile." (pagg. 240 - 241). "Bambine piccole subivano l'infibulazione sul tavolo della cucina (l'avevo saputo dai somali per cui traducevo) (...) e se gli olandesi elargivano generosi contributi alle organizzazioni di aiuti internazionali, ignoravano però il patire silenzioso di donne e bambine musulmane nelle loro stesse città. (...) L'Olanda tentava di essere tollerante per ottenere consenso, ma quel consenso era vuoto. (...) Molti musulmani non si sforzavano nemmeno d'imparare l'olandese." (pag. 275). 
Nel frattempo, ad Ayaan arriva il sussidio e può così permettersi un monolocale.
Una ragazza nativa olandese di fede cristiana riformata, che l'aiuta a fare conversazione nella sua lingua madre come volontariato, Johanna, "divenne come una madre" per Ayaan: "ci insegnò molto più della lingua: ci insegnò a vivere in Occidente." (pag. 246). Ayaan trova un lavoro come operaia in un biscottificio, dove ha modo di conoscere la classe operaia. Le lavoratrici si dividevano in due gruppi: immigrate turche e marocchine da una parte, e olandesi dall'altra. "Era xenofobia reciproca (...) entrambi i gruppi si credevano superiori." (pag. 249). 
Ayaan decide d'iscriversi a Scienze Politiche: "volevo comprendere perché la vita in Olanda era così diversa dalla vita in Africa. Perché in Europa c'era tanta pace, sicurezza e benessere. Quali erano le cause della guerra e come costruire la pace." (pag. 249).
"In Olanda i somali si lamentavano sempre di essere discriminati a causa del colore della nostra pelle. "Se dai del razzista a un olandese, ti concederà qualunque cosa" mi disse una volta Hindi con soddisfazione. La discriminazione in Olanda esiste, ma l'accusa di razzismo può essere anche strumentalizzata." (pag. 252). "Giovani somali tentavano di abbordarmi per strada come se avessero una sorta di diritto su di me: ai loro occhi ero evidentemente immorale e pertanto disponibile. Le donne somale invece cercavano di spremermi dei soldi con le moine. (...) Mi sentivo imbarazzata e persino indispettita dal modo in cui tanti somali accettavano il sussidio e poi sputavano sulla società che glielo forniva. (...) Non mi piaceva come negavano le loro scorrettezze, persino se colti sul fatto. Non mi piacevano gli infiniti pettegolezzi e il lagnarsi continuo, dando sempre la colpa ad altro o ad altri, ma mai a loro stessi." (pag. 253). 
Una sua amica somala che viene picchiata dal marito le spiega che non può divorziare perché significherebbe disonorare il clan e restare isolata: "non protestava mai contro la violenza e le umiliazioni che subiva dentro casa, solo contro il razzismo degli olandesi. Oggi credo che questa tendenza ossessiva a vedere il razzismo dappertutto, che riscontravo tanto spesso tra i somali, fosse in realtà un meccanismo di difesa con cui gl'immigrati cessavano di sentirsi personalmente inadeguati e proiettavano all'esterno le cause della propria infelicità" (pag. 261).





“Studiando la Storia d’Olanda ho appreso l’Olandese”



Nel 1994 arriva in Germania, dopo aver abortito, la sorella di Ayaan, che lei fa accompagnare in Olanda ed aiuta ad inventare un racconto per ottenere lo status di rifugiata: proprio come aveva fatto lei. Ben presto la giovane s’ammala di mente sinché un giorno la portano via con la camicia di forza mentre è in preda alle allucinazione visive ed auditive: tale è lo choc dovuto al clash culturale fra Somalia ed Olanda. Ayaan trova anche l'amore: Marco, biologo olandese che l'aiuta a capire la chimica del cervello umano e comprendere dunque il malessere della sorella. La madre di Ayaan convince la sorella ammalata di mente a tornare a Nairobi e smettere di assumere gli psicofarmaci: la ragazza ben presto muore in Kenya e Ayaan si reca a Nairobi pel funerale.

Ayaan impara veramente l'olandese attraverso il manuale di storia del corso propedeutico per accedere all'Università di Leida: il più antico e prestigioso ateneo dei Paesi Bassi che aveva standard rigorosi (mentre ad Amsterdam "gli studenti si mettevano i voti da soli", a causa degli effetti del movimento di contestazione studentesca, pag. 265) e dove incoraggiano gli studenti a leggere anche al di fuori del piano di studi (pag. 285). Qui impara un nuovo metodo di studio: "ci veniva sempre chiesto cosa noi ne pensavamo". E' peraltro (aggiungo io) quello di Leida, l'ateneo ove trovò ospitalità il teologo egiziano Abu Zayd (1943 - 2010), dopo esser stato accusato dalla sua stessa Università del Cairo di apostasia, proprio come Ayaan (e corollario della condanna fu il decreto di divorzio dalla moglie: una musulmana, dice la Sharia, non può essere maritata con un apostata). Ayaan ha così modo di studiare la storia dell'Olanda: "dopo un periodo di guerre, gli olandesi avevano capito una cosa importante: nelle guerre civili non ci sono mai vincitori. Avevano istituito un sistema in cui le persone potevano essere diverse e con pari dignità." I quattro gruppi, i cattolici, i protestanti, i socialdemocratici e i liberali laici, erano un pò come i clan: "per generazioni, i cattolici e i protestanti avevano frequentato scuole, ospedali, club, negozi separati" (pag. 266). "Tuttavia, anche lì esistevano evidenti distinzioni tribali" (pag. 269) a seconda del dress code e della facoltà: "scienze politiche era considerata una facoltà di sinistra" (pag. 269).

Grazie ai suoi studi, alla sua storia e alla sua conoscenza diretta, Ayaan formula così una sua analisi di psycho-history: (la storia fatta con i se, in questo caso: “e se l’Olanda non si fosse macchiata di questi crimini, oggi sarebbe più serena nel guardare in faccia il problema dell’Islam?”)



L'ANALISI DI HIRSI ALI e di PIM FORTUYN

"Il senso di colpa degli Olandesi per aver consegnato gli Ebrei ai Nazisti è alla radice della falsa tolleranza verso i mussulmani, che restan poveri per il loro atteggiamento religioso e le loro proiezioni contro gli Altri"




“In Europa occidentale la discussione sulla questione degli stranieri è condizionata da tre esperienze: l’hitlerismo, la decolonizzazione e la guerra coloniale e l’afflusso di “gastarbeiders” (lavoratori ospiti)” 
PIM FORTUYN, “La società orfana”, pagg. 199 – 200


“Nel nostro Paese lo sterminio pressoché totale della comunità ebraica – dei 140.000 ebrei prima della guerra circa 100.000 non sono sopravvissuti alle atrocità- non è stato seguìto da una vera e propria autoanalisi sul nostro ruolo, passivo e attivo, nella preparazione e nell’esecuzione di questo genocidio (…). Fatti che vengono riportati con poca enfasi, né tantomeno vengono commemorati come parte della colpa collettiva che portiamo anche noi, come popolo e come società, per ciò che, sotto la regia dei nazionalsocialisti, è costato la vita in totale a sei milioni di concittadini ebrei nelle circostanze più orrende.”
PIM FORTUYN, "La società orfana", pag. 200 

"Durante l'ascesa nazista il governo olandese non aveva fatto reale opposizione. Durante la Seconda guerra mondiale, in Olanda era stata deportata una percentuale di ebrei maggiore che in qualunque altro Paese dell'Europa occidentale. Gli olandesi nutrivano un profondo senso di colpa per il loro recente passato" (pag. 274) Come ho già ricordato nella Prima Puntata di questo mio Reportage, solo uno su 16 dei 90.000 ebrei di Amsterdam sopravvisse alla guerra di sterminio (uno su sette nei Paesi Bassi), la percentuale più bassa di tutta l’Europa occidentale (http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/amsterdam-la-storia-gli-eroi-i.html). "Quando, negli anni Ottanta, gl'immigrati avevano cominciato ad arrivare massicciamente si erano sentiti in dovere di rapportarsi a loro cercando di accettare le loro differenze": è l'ideologia di sinistra del multiculturalismo.  "Il risultato era però che ora i mussulmani vivevano separatamente, studiavano separatamente, socializzavano separatamente": il separazionismo autoimposto (pag. 274). Quando Ayaan diviene cittadina olandese, nota che "per loro, essere olandese non significa assolutamente nulla. Anzi, sembravano a disagio con i simboli nazionali: la bandiera e la monarchia, che parevano riportarli ai giorni insidiosi della Seconda guerra mondiale. Vedevano il nazionalismo quasi come un equivalente del razzismo. Nessuno di loro sembrava orgoglioso di essere olandese" (pag. 286).

Nel maggio 1998, Ayaan può votare alle elezioni, e sceglie, dopo attenta riflessione il Partito Laburista. Ma "in realtà", dice, "pur studiando scienze politiche, non avevo mai analizzato da vicino la posizione di un partito riguardo ai problemi dell'immigrazione e dell'integrazione" (pag. 291).

"Nel gennaio 2000, il commentatore politico Paul Scheffer" (professore di sociologia urbana all'Università di Amsterdam che in sèguito, nel 2007, avrebbe scritto il libro "Immigrant Nations") pubblicò un articolo intitolato "Il dramma multiculturale" su "NRC Handelsblad"", un quotidiano liberale, dove "scriveva che in Olanda non c'era spazio per una cultura che rifiutava la separazione di Chiesa e Stato e negava i diritti delle donne e degli omosessuali" (pag. 292). Ayaan concorda con quest’analisi. A trent'anni, Ayaan corona il suo sogno di laurearsi in scienze politiche, ed il Partito Laburista la assume come consulente e ricercatrice. 

Così Ayaan descrive il suo debutto in politica: “Una sera stavamo guardando la televisione, quando sentimmo al notiziario di alcuni insegnanti gay molestati da bambini marocchini. In loro difesa parlò, in arabo, un imam, con indosso gli abiti tradizionali. Guardava la telecamera con grande autorità e spiegava che l'omosessualità era una malattia contagiosa in grado d'infettare gli studenti. La definì una minaccia per l'umanità. Per la somala che era in me, quell'atteggiamento era familiare; ma la nuova Ayaan olandese rimase scioccata. Reagii. Mi sedetti e scrissi di getto una lettera che inviai al “NCR Handelsblad”" (cioé lo stesso giornale su cui, ricorderete, Paul Scheffer, aveva denunciato il multiculturalismo): "In essa sostenevo che quell'atteggiamento non apparteneva a un solo imam, ma al contrario era condiviso da gran parte del mondo islamico. Continuavo affermando che l'Islam è una religione che non accetta la libertà individuale, per questo subiscono grandi soprusi non solo gli omosessuali, ma anche, e forse soprattutto, le donne. Quel gesto istintivo segnò l'inizio del mio impegno politico” (pag. 297, capitolo 14: “Congedo da Dio”).

L'Undici Settembre, Ayaan assiste in Tv come tutti noi all'attacco suicida e stragista alle Twin Towers di Nuova York, ma "a spaventarmi furono alcune riprese effettuate da una troupe televisiva a Ede, la città in cui avevo vissuto" (in Olanda, centomila abitanti): "mostravano un gruppo di ragazzini musulmani che esultava subito dopo il crollo delle Torri" (pag. 298). La mattina dopo, si reca dal presidente del partito laburista (che era stato suo insegnante a Leida) che le disse: "mi sorprende che tutti siano convinti che ci sia di mezzo l'Islam": "io non riuscii a trattenermi. Esplosi: "Ma c'è di mezzo l'Islam. E' tutto radicato nella fede. Questo è l'Islam" (pag. 299).

Allora il leader le risponde che si trattava solo di un gruppo di pazzi e che affermare questo significa "denigrare la seconda religione del mondo, civilizzata e pacifica". "La sua risposta mi fece riflettere, forse per me era giunto il momento di aiutare gli olandesi a capire (...) Quel tipo di religione, in Olanda, non esisteva da secoli". Gli articoli degli opinionisti "arabisti" "erano tutti concentrati sull'immagine dell'Islam che aveva salvato Aristotele oltre otto secoli fa (...) erano tutte favole che non avevano nulla a che fare con il mondo reale che conoscevo": "sapevo bene che l'Africa è il continente più povero, e che la miseria non provoca il terrorismo; le persone veramente povere non sanno guardare più in là del loro pasto successivo. (...) Nessuno di quegli uomini" terroristi dell'11/9 "era povero. Nessuno di loro aveva lasciato una lettera dicendo che ci sarebbero stati altri attacchi sinché la Palestina non fosse stata libera" (pag. 301). Inoltre, i "versi sulla Pace" citati dall'islamista Tariq Ramadan "nel Corano, riguardano solo la vita tra musulmani. Il Profeta ha anche detto: "Combattete coloro che rifiutan la Fede." (pag. 305). Ayaan si chiede inoltre, facendo il raffronto con l'Occidente: "dopo il 1200, quali sono stati i meriti e le conquiste della civiltà islamica?" (pag. 307). 

Grazie ai suoi studii di scienze politiche, anche Hirsi Ali, come il sociologo Max Weber (1864 – 1920) da noi citato nella Prima Puntata di questo reportage (http://lelejandon.blogspot.it/2014/01/amsterdam-la-storia-gli-eroi-i.html), può fare un'analisi di sociologia della religione, nel suo caso sull'Islam: secondo lei lo stato di povertà tipico dei marocchini è causato dallo spirito religioso. Scrive Ayaan: “L'atteggiamento passivo dell'In sha Allah (“Se Allah vuole”), così diffuso nell'Islam, non influenza forse l'impegno delle persone e la loro volontà di cambiare e migliorare il mondo? Se si crede che Allah predestini ogni cosa, e che la vita sulla Terra sia soltanto una sala d'aspetto per l'Aldilà, questa credenza non ha davvero nessun legame con il fatalismo che finisce così spesso per consolidare la povertà?” (pag. 311, capitolo 14). Per le sue tesi pubbliche, per le quali riceve anche il sostegno del più noto scrittore olandese, Leon de Winter, Ayaan viene messa sotto scorta, continuamente trasferita in case segrete per essere protetta, tantissime persone le offrono rifugio nelle loro case (pag. 326), anche il sindaco di Amsterdam Cohen, benché non concordi con lei, la difende per principio: il principio della libertà di espressione. “Neelie Kroes, importante figura del partito liberale” (VVD Volkspartij voor Vrijheid en Democratie), “era scandalizzata dal fatto che per vivere al sicuro io fossi stata costretta a lasciare il Paese” e “sosteneva che il parlamento olandese avesse bisogno di donne più forti e brillanti. Pensò a me benché io fossi una semplice assistente ricercatrice del Partito laburista e lei fosse un'esponente dell'ala destra” (pag. 328), così Ayaan capisce di essere in realtà una liberale: “la socialdemocrazia si basa sui diritti di gruppi di persone, non di individui” (pag. 331).

E' per così dire la seconda conversione di Ayaan: da laburista a liberale. 
Ayaan Hirsi Ali dialoga col filosofo Sam Harris. 

Ha già una proposta concreta: far registrare il numero di omicidi d'onore, cosa che nessuno aveva mai pensato di fare prima (pagg. 330 – 331). Le sue opinioni personali sulla chiusura delle scuole religiose fanno imbarazzare il partito (che, pur laico, aveva intenzione di allearsi coi cristiano-democratici), ma Ayaan dice sempre ciò che pensa. “Moltissimi sostenitori del Partito laburista dicevano: “Non ci piace il partito che ha scelto, ma i problemi per cui si batte sono così importanti che voteremo per lei ovunque vada”. Alle elezioni politiche del gennaio 2003, vinsero i cristiano-democratici, e i liberali ebbero solo il 18% e ventisette seggi: Ayaan fu eletta (pag. 338) grazie al fatto che “in Olanda gli elettori, se lo desiderano, possono indicare una preferenza per alcuni candidati in particolare. Ciò implica un calcolo complicato, perché se molti votanti indicano il loro supporto a un candidato, quest'ultimo può guadagnare posti nella lista elettorale. Io ero la sedicesima della lista, ma divenni sesta grazie alle preferenze individuali: un bel punteggio, per una nuova arrivata” (con 37.059 voti). Anche lei votata per la sua onestà intellettuale e la bontà delle sue idee, proprio come l'altro debuttante, Pim Fortuyn (che sarebbe morto ammazzato il 6 maggio 2002). Così Ayaan si trasferisce all'Aja, ove ha sede il governo.

Ayaan Hirsi Ali con Sam Harris, filosofo
americano (con PhD in Neuroscienze)
da anni denuncia i pericoli della
progressiva islamizzazione dell'Europa.
Quando fa notare che Maometto, che sposò una bimba di nove anni, era un pedofilo secondo le leggi e la morale occidentali (pag. 341), dà ancora scandalo ai benpensanti (in Italia, anche Daniela Santanché aveva fatto la stessa affermazione e anche lei aveva dovuto subire polemiche per questa frase). Ayaan convince il suo partito ad approvare una mozione dei laburisti “per rilasciare permessi di soggiorno alle donne, disgiunti da quello dei loro mariti”, i colleghi l'appoggiano (pag. 342). Da deputata, ottiene anche dal ministro delle finanze 30 milioni di euro pei centri di accoglienza per donne vittime di violenze (pag. 342). C'era poi un problema d’ignoranza del Corano: “secondo molti olandesi nulla, nella cultura islamica, incitava agli abusi sulle donne”, mentre “in realtà il Corano permette queste punizioni, legittima l'abuso” (pag. 344), e così ad Ayaan viene in mente di fare una mostra d'arte per denunciare le violenze.

Ayaan torna, come aveva fatto in campagna elettorale, sul tema delle scuole religiose: significava abolire l'articolo 23 della Costituzione (pag. 313 e 345, si noti che in Olanda le scuole private non ricevono finanziamenti: devono fare da sé), una proposta di legge illiberale e contro la libertà educativa. E ritorna anche sulla proposta di tenere un registro dei delitti d'onore (pag. 346): “dopo settimane di consultazioni, il ministro della Giustizia, Piet Donner, approvò una mozione che avevo elaborato insieme al partito laburista, ma disse di volerla prima sperimentare in forma di “progetto pilota” in due soli distretti di polizia. Alcuni mesi dopo, quando furono annunciati i risultati, il parlamento rimase scioccato. Tra l'ottobre 2004 e il maggio 2005, in soli due distretti (in Olanda ci sono venticinque distretti), undici bambine mussulmane erano state uccise dalle loro famiglie.” (pag. 346). La giovane deputata propone anche di “ridurre drasticamente le indennità di disoccupazione e di abolire il salario minimo. La mia passata esperienza di traduttrice e nel campo dell'assistenza sociale mi aveva mostrato che il facile accesso a generose indennità di disoccupazione dissuade le persone dal cercare davvero lavoro”, come del resto avevano suggerito anche a lei (pag. 345).



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Eroi Olandesi/5: 2003, THEO VAN GOGH,

Ayaan Hirsi Ali nel docufilm "Submission" dell'amico Theo Van Gogh.
Il regista che denunziò le violenze sulle donne

Un ministro diceva: gl'islamici? Non reagiranno al film

Ma un marocchino 26enne gli taglia la gola per strada



Nel febbraio 2003, Ayaan conobbe Theo Van Gogh (1957 – 2004), discendente del pittore (1853 – 1890) cui è dedicato anche un Museo. 
MINACCIATA. L'assassino di Theo Van Gogh
ha lasciato una fatwa (maledizione in nome dell'Islam)
contro Ayaan Hirsi Ali (foto sopra)
accanto al corpo del regista.
Lo racconta Ayaan Hirsi Ali nel suo libro-biografia (pag. 347): “All'epoca, in casa mia ospitavo una ragazza marocchina” che le aveva chiesto aiuto “per scappare da suo padre e dai suoi fratelli, che la picchiavano perché stava insieme ad un ragazzo olandese” (pag. 348). “Aveva ventidue anni, e voleva fare l'attrice (…) e così pensa che potevo portarla con me a conoscere Theo Van Gogh, il famoso regista di Amsterdam”, il cui “ultimo film era stato “Najib en Julia”, sulla relazione tra una ragazza olandese e un ragazzo marocchino” (pag. 348). Il regista le propone di fare della sua mostra un corto, e lei scrive la sceneggiatura: “il messaggio che volevo trasmettere era che il Corano è stato scritto dagli uomini, non da Dio” (pag. 351), e prima di mandare in onda in Tv il film Ayaan chiede una scorta per Theo, ma la risposta del ministro della Difesa Henk Kamp fu: “Quest'anno ai mussulmani è stato concesso molto: non reagiranno.” 
"Submission" va in onda il 29 agosto 2003, ma il 2 novembre le giunge la notizia che un marocchino di ventisei anni, nascosto dietro un portone, spara a Theo Van Gogh, mentre lui l'implora di risparmiarlo gli spara altri quattro colpi, e poi gli taglia la gola con un coltello da macellaio, lasciando una fatwa per Ayaan l'apostata (pag. 7). Il figlio di dodici anni resta orfano. L'assassino viene arrestato dopo poche ore. Ai funerali, la madre dell'artista disse che Ayaan non doveva sentirsi in colpa perché erano quindici anni che suo figlio riceveva minacce e le disse di portare avanti la sua missione di denuncia sociale (pag. 363). Ayaan viene portata in segreto negli USA perché può fare la stessa fine.

Un giorno, nel 2006, ad Ayaan viene riferito che il ministro dell'Immigrazione e dell'Integrazione, Rita Verdok, le avrebbe revocato la cittadinanza olandese perché aveva dichiarato di avere dato un nome falso (come sappiamo, pag. 373). Nel frattempo, l'”American Enterprise Institute”, prestigioso think tank conservatore, le offre un lavoro (pag. 378). Un avvocato la difende dicendo che l'aver usato il nome del nonno (che aveva fatto quando era fuggita in Olanda per non essere ritrovata dal clan) valeva lo stesso, secondo l'usanza somala e così, per fortuna, la ministra è costretta a ridarle la cittadinanza. I Verdi avanzano una mozione di sfiducia, 66 parlamentari votano a favore, e 79 contro. Il ministro dichiara che resta in carica, ma sei rappresentanti del piccolo partito D-66 escono dalla coalizione, e così il governo cadde. Nel marzo 2005, la rivista “Time” nomina Hirsi Ali una delle cento persone più influenti del mondo. Peccato che, poco dopo, avrebbe dedicato anche la copertina al sindaco filoislamico di Amsterdam. 



LELE JANDON

Fine Seconda Parte

(Continua)

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